Mentre le mentalità si evolvono. Almeno in Europa, l’auto è stata a lungo vista come una rappresentazione dello status sociale. Di conseguenza, una berlina, sinonimo di un certo successo, non dovrebbe in alcun modo evocare un veicolo utilitario. Ciò spiega, ad esempio, che le station wagon impiegarono molto tempo per essere dotate di motori ed equipaggiamenti raffinati come quelli delle berline.
Tuttavia, nel 1965, la Renault 16 comincia a stravolgere questo ordine stabilito con la sua parte posteriore dotata di portellone posteriore, mescolando aspetti turistici e di utilità. Stessa storia in Italia dove la brillante Autobianchi Primula iniziò un approccio simile nel 1964. Entrambe confusero una clientela conservatrice, soprattutto tra i transalpini.
Come preservarlo? Alla Simca, abbiamo sviluppato una soluzione intermedia nel 1967 su un modello di cui si era dimenticata l’importanza: il 1100. Per evitare che questa compatta, in anticipo sui tempi, sembrasse troppo utilitaristica, abbiamo dato alla 5a porta un angolo tra il finestrino e il metallo parte che nasconde il contenuto del bagagliaio. Inoltre, ha affinato la silhouette. Una strategia simile sarà seguita per alcune settimane dalla Peugeot 204 Coupé, poi, due anni dopo, dall’Autobianchi.
Gli stilisti, supportati dall’ingegnere capo Dante Giacosa, proposero per la A112 una carrozzeria molto razionale: cofano e portellone piatti. Gaudenzio Bono, il numero 1 della Giacosa, si è opposto e ha imposto una piega concava sulle 3e porta, molto ispirata a quella della 1100. La piccola A112, infatti, guadagnava in eleganza, cosa che ne favorì la carriera di successo. Troviamo un elemento comparabile sulla Zastava 1100, una Fiat 128 hatchback prodotta in Jugoslavia del 1971 (ma sviluppata in Italia).
Ma il costruttore che realmente portò a compimento il concetto fu Daf, sulla 343, ribattezzata Volvo poco prima della sua commercializzazione all’inizio del 1976. Anche in questo caso, un modello dimenticato ma il cui design diventerà scuola, nello stile a cuneo tipico del Anni ’70. Questa volta, l’inizio del 3 appare esattamente sul portellone.e volume, quasi parallelo al suolo, seguito da un piano verticale in lamiera su cui si affacciano le luci. Questa grande parte apribile presenta quindi tre angoli, una novità che non passerà inosservata agli specialisti.
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Infatti, la Ford entrò in azione nel 1980 con la Escort “Erika”, straordinariamente progettata da Patrick Le Quément e Uwe Bahnsen, con ancora più raffinatezza: l’inizio di 3e la carrozzeria incorpora un piccolo spoiler. Troveremo questo mezzo volume su Sierra (1982) e Scorpio (1985). Renault lo integra anche sulla 25, oltre al lunotto a bolla, che rafforza l’aspetto a tre volumi di questa grande vettura stradale nonostante sia dotata di portellone posteriore.
Giugiaro procede allo stesso modo, spingendo ancora più in là i limiti della Croma che ha disegnato per la Fiat: si ha quasi l’impressione che ci sia un bagagliaio separato poiché il mezzo volume è simile a un volume di ¾. Nello stesso anno, il 1985, Peugeot equipaggia la sua 309 con la combinazione bolla/mezza carrozzeria. Questo elemento di design diventa poi tipico degli anni ’80: lo troviamo sulla Mazda 626 (1982), sull’Alfa Romeo 33 (1983), sulla Toyota Carina II (1988), sulla Honda Concerto/Rover 200 duo (1988), perfino sulla Applausi Daihatsu (1989). Quest’ultima è in realtà una 3 volumi il cui coperchio del bagagliaio è fissato al finestrino apribile, principio che verrà ripreso, ma molto più tardi.
A parte le city car, dove l’ottimizzazione dello spazio vieta il dimezzamento, la maggior parte delle vetture a 3/5 porte sono dotate di dimezzato volume, o almeno di una rientranza sotto il lunotto. Tuttavia, la VW Golf II, la Fiat Tipo, la R19 e le altre Opel Kadett resistono. Non la Vectra che diceva (1988). In Corea, anche la Daewoo Espero, disegnata da Bertone, adotta un bellissimo mezzo volume.
Gli anni ’90 hanno visto questo elemento di stile perpetuarsi, in particolare su Seat Toledo (1991), Renault Safrane (1992), Citroën Xantia (1992, esteticamente vicino all’Espéro), Ford Mondeo (1993), Renault Laguna (1993), i sostituti della 626 e la scorta Erika. Rebelote negli anni 2000, a volte in modo caricaturale, come sulla Renault Vel Satis e soprattutto sulla Seat Toledo III. Quest’ultimo è infatti l’unico monovolume ad osare questo tipo di poppa… Senza successo.
Inoltre, la Skoda Superb II tenta di rinnovare il genere con il suo portellone a metà carrozzeria, sfumando il limite con il tre corpi (come la Daihatsu Applause), e dotandola di un intelligente sistema di doppia apertura, che però non durerà a lungo. fuoco. Un declino sembra delinearsi negli anni 2010, anche se la BMW Gran Coupé e la Peugeot 508 II (2018) utilizzano questo artificio per conciliare praticità ed estetica.
C’è da dire che le berline, compatte o superiori, stanno scomparendo una dopo l’altra, divorate da una categoria che ha già avuto la pelle dei monovolume: i Suv, per gli Sport Utility Vehicle. La parola Utility è fondamentale: questi veicoli familiari devono offrire un volume massimo del bagagliaio ampio, per questo ottimizziamo lo spazio posteriore ritornando ai portelloni verticali.
Il che non dura, le cose si muovono sempre più velocemente. I SUV coupé, tra le macchine più assurde che ci siano, stanno vivendo una crescita sorprendente, e alcuni stanno facendo rivivere a modo loro la formula del mezzo corpo, ovvero dei due volumi e mezzo. La moda è solo un eterno inizio…