Gli operatori sanitari vallesani devono pagare l’elicottero per andare al lavoro

Gli operatori sanitari vallesani devono pagare l’elicottero per andare al lavoro
Gli operatori sanitari vallesani devono pagare l’elicottero per andare al lavoro
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All’inizio di settembre nella valle di Saas si è verificata una grande frana. Circa 2.200 persone si sono trovate isolate dal mondo. La strada d’accesso rimase impraticabile per una settimana e l’unica soluzione per raggiungere la pianura era sedersi su uno degli elicotteri noleggiati per l’occasione. Di questo servizio, al prezzo di 140 franchi a persona e per volo, hanno beneficiato circa 900 persone. Tra loro c’erano due operatori sanitari del Centro ospedaliero dell’Alto Vallese.

Il “Walliser Bote” ci dice ora che questi infermieri dovranno pagare i voli di tasca propria. Il loro datore di lavoro, il Cantone, si rifiuta di sostenerli. Una decisione che non piace all’Asi. «Per noi è meno una questione giuridica che una questione di comportamento e di stima nei confronti del proprio personale», spiega a “20 minutin” Christina Schuhmacherin, vicedirettrice dell’ASI. E Pierre-André Wagner, responsabile del servizio legale dell’ASI, ha aggiunto: “Come spiegare, e ancor meno giustificare, in un momento in cui la carenza di personale qualificato è enorme e non fa che aggravarsi, un trattamento così sdegnoso?”

Contattato da “20 minutin”, il direttore dell’ospedale ricorda che: “In caso di chiusura delle strade locali (valanghe, smottamenti, ecc.), non può essere offerta alcuna soluzione sovvenzionata dal datore di lavoro”. Inoltre la decisione di prendere l’elitaxi è stata presa autonomamente dal personale. “Se i dipendenti avessero deciso di restare a casa, il lavoro non svolto sarebbe stato detratto dagli straordinari o compensato con un giorno di ferie”, spiega Hugo Burgener.

Ufficialmente, quindi, la situazione è identica a quella degli abitanti delle valli laterali, regolarmente bloccati dalla neve in inverno. “La valutazione sarebbe stata diversa nel caso di un evento di grande portata, come un terremoto o un’alluvione catastrofica come quella di Briga nel 1993, dove era stata dichiarata la situazione di crisi”, commenta il direttore.

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