La storia di Lyle ed Erik Menéndez

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Abbiamo visto, più e più volte, gli effetti deleteri della confusione del pubblico tra finzione e realtà. Troppo spesso, l’emittente o il creatore mantengono di proposito questa vaghezza artistica, solo per fingere stupore quando la marea inizia a cambiare e i fan iniziano a prendere la loro storia come vangelo.

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È necessario quindi un piccolo promemoria: Ryan Murphy è uno sceneggiatore di fiction, un produttore oberato di lavoro e un orco quando si tratta delle notizie più oscure. Il momento in cui mostrava l’innocuo Allegria è molto indietro rispetto a lui. Dopo essere stato criticato per il suo trattamento sprezzante nei confronti dell’affare Jeffrey Dahmer, ha insistito e ha firmato Mostri: la storia di Lyle ed Erik Menéndezsu due fratelli dell’alta società di Beverly Hills che hanno ucciso i loro genitori.

Lyle ed Erik, che ora hanno rispettivamente 56 e 53 anni, continuano a scontare la pena dopo essere stati condannati all’ergastolo. Ma loro e le persone a loro vicine non hanno visto molto favorevolmente la storia della vicenda rivisitata attraverso gli occhi di Ryan Murphy e Ian Brennan, il suo compagno di sceneggiatura. Erik menzionato “bugie orribili e palesi”.

La risposta di Ryan Murphy non si è fatta attendere: “La nostra visione e intenzione era quella di presentarvi tutti i fatti e spingervi a fare due cose: prendere una decisione su chi è innocente, chi è colpevole, chi è il mostro, e innescare una conversazione su qualcosa che non sappiamo nella nostra cultura non si parla mai di abuso sessuale sulle vittime di sesso maschile”.

Ma, considerando questo Mostri: la storia di Lyle ed Erik Menéndez non è un documentario – Netflix ne ha appena pubblicato uno, molto opportunamente – ma una fiction ispirata a fatti realmente accaduti, dov’è la verità e dove inizia l’invenzione per ragioni puramente creative?

Il rapporto incestuoso tra i fratelli

Per due volte, la serie insinua che Lyle (Nicholas Alexander Chavez) ed Erik (Cooper Koch) abbiano avuto una relazione incestuosa: nell’episodio 2, quando Lyle bacia suo fratello, e nell’episodio 6, quando Kitty li scopre sotto la doccia. Il poster stesso, in cui i due attori posano nudi e l’uno contro l’altro, ha un’innegabile connotazione omoerotica… ed estremamente inquietante.

Durante il processo entrambi i fratelli negarono di aver avuto rapporti sessuali. Lyle, d’altra parte, ha ammesso di aver aggredito sessualmente il suo fratellino quando aveva 8 anni, nel bosco. Per Robert Rand, l’autore del libro Gli omicidi di Menendez: la scioccante storia mai raccontata della famiglia Menendez e gli omicidi che hanno sbalordito la nazionequesta era una riproduzione del trauma che suo padre gli aveva inflitto in più occasioni.

Sempre nella serie, il giornalista Dominick Dunne, interpretato da Nathan Lane, ha seguito il processo Fiera della Vanità all’epoca, affermò durante una cena che i due fratelli avevano una relazione incestuosa. In realtà non ha mai insinuato nulla del genere. D’altro canto ha messo in dubbio la testimonianza dei fratelli sugli abusi sessuali che affermavano di aver subito da parte del padre e ha affermato che stavano agendo sul banco dei testimoni.

Confessione allo psicologo

Nella serie, durante una seduta con lo psicologo, Lyle minaccia di uccidere il terapeuta. Per l’appuntamento successivo, temendo per la sua vita, il dottor L. Jerome Oziel (interpretato da Dallas Roberts) chiede quindi alla sua amante (e paziente) Judalon Smyth (Leslie Grossman) di ascoltare con discrezione dietro la porta per ogni evenienza, ed è lì che ascolta la confessione dei due fratelli.

Siamo quindi nell’ottobre del 1989. Il terapeuta, che ha registrato le sedute (e quindi la confessione che Lyle ed Erik hanno ucciso i loro genitori), mette le cassette in una cassaforte, dà la chiave a Judalon Smyth, e gli chiede di restituirle alla polizia se gli fosse successo qualcosa.

E questo è infatti quello che è successo nella realtà. Judalon Smyth, tuttavia, aspettò fino al marzo 1990 per consegnare le prove alle autorità, cosa che portò all’arresto dei fratelli. In seguito ha accusato il dottor Oziel di averla drogata e aggredita sessualmente. Durante il processo Menéndez del 1993, dopo lunghi dibattiti sull’ammissibilità o meno delle registrazioni, dichiarò anche sul banco dei testimoni che lo psicologo le aveva detto “lavato il cervello” : avrebbe manipolato i suoi ricordi, facendole credere di ricordare più dettagli che in realtà. Ha poi ammesso di aver ascoltato solo stralci della confessione.

L’alibi del cinema

Nella serie i fratelli, che hanno premeditato tutto, cercano un alibi. Allora corrono al cinema più vicino per comprare due biglietti per un film che li collocherebbe in un posto diverso da casa al momento dell’omicidio. Un film che ovviamente non vedranno mai. Volevano anche apparire in un ristorante affollato.

In realtà, se effettivamente avessero inizialmente dichiarato di essere andati al cinema quella sera, avrebbero poi confessato di non essersi mai allontanati dalla casa familiare. Erik avrebbe poi detto alla ABC, in un’intervista del 1996: “Dodici spari nel bel mezzo di Beverly Hills una domenica sera, e nessuno chiama la polizia. Stavamo aspettando a casa e non si è presentato nessuno. Non riesco ancora a crederci. Non avevamo alibi, dicevamo solo che eravamo al cinema”.

Il segreto del coinquilino

Nella serie, Donovan Goodreau (Anthony Turpel), compagno di stanza e amico di Lyle a Princeton, parla delle aggressioni sessuali subite quando era più giovane. Dirà poi all’avvocato dei fratelli che quest’ultimo in cambio gli ha raccontato cosa gli stava facendo suo padre. In realtà Donovan dirà che Lyle non gli ha detto nulla. Ma durante il processo, la difesa metterà in dubbio la sua versione presentando un’intervista registrata in cui sostiene che Lyle Menéndez gli ha raccontato come il padre ha abusato di lui e di suo fratello.

Molte zone grigie persistono ancora oggi nel caso Menéndez. È proprio in questi interstizi che Ryan Murphy e Ian Brennan hanno saputo infilare la loro quota di fantasie autoriali, con finalità, soprattutto, di intrattenimento (a torto o a ragione). Se la serie ha permesso di far luce su questa sordida notizia relativamente poco conosciuta in Francia, dobbiamo tenere presente che l’intenzione dei creatori non è quella di lasciare un segno documentaristico. Per questo ci sono giornalisti che hanno messo a disposizione del pubblico i loro lavori di ricerca e di ascolto.

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