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Gli sforzi di Donald Trump e del suo team per ribaltare i risultati delle elezioni del 2020 raccontati dall’interno

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Questo testo è tratto dall’American Election Mail. Per iscriverti, clicca qui.

La democrazia americana non subiva una prova del genere dai tempi della Guerra Civile. I sessanta giorni trascorsi tra le elezioni presidenziali del 3 novembre, segnate dalla vittoria di Joe Biden su Donald Trump, e l’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021 rimarranno nella mente delle persone come un momento di dolore per la nazione americana, unito ad un vasto spettacolo mediatico alimentato dalle più folli teorie del complotto.

Il documentario Fermare il furto prodotto da HBO dà uno sguardo dall’interno agli sforzi di Donald Trump e della sua squadra per ribaltare i risultati elettorali, dai giorni di incertezza successivi alle elezioni alla disastrosa manifestazione che ha portato centinaia di manifestanti alla rabbia per invadere il Congresso americano.

Lo hanno sperimentato dall’interno

Per fare questo, il regista Dan Reed, al quale dobbiamo lo scioccante lavoro su Michael Jackson Lasciando l’Isola che non c’èprivilegia un approccio sobrio e cronologico, fatto principalmente di “teste parlanti” e di archivi televisivi dei principali network americani. Il principale merito del documentario è quello di aver avuto accesso a coloro che hanno vissuto dall’interno i molteplici tentativi del governo Trump di invalidare i risultati elettorali: per la maggior parte repubblicani convinti e, in molti casi, trumpisti provati.

È il caso dell’ex procuratore generale degli Stati Uniti Bill Barr, del suo omologo dell’Arizona Mark Brnovich, dell’ex direttore delle comunicazioni della Casa Bianca Alyssa Farah Griffin, dell’ex addetta stampa della Casa Bianca e poi capo dello staff di Melania Trump, Stephanie Grisham e persino del vicepresidente Il capo dello staff di Mike Pencem, Marc Short. Tanti alti funzionari disincantati raccontano davanti alla telecamera i fasulli tentativi legali e le accuse infondate lanciate dall’inquilino della Casa Bianca.

“È un narcisista e il suo ego non accetta la sconfitta”, riassume Stephanie Grisham parlando del suo ex capo.

Ma le testimonianze più sorprendenti dell’ Fermare il furto restano quelli dei funzionari locali che hanno subito pressioni dirette da Trump e dal Partito Repubblicano. Come il segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, che Donald Trump ha contattato direttamente “per trovare 11.000 voti” per poi definirlo “nemico del popolo”, o Rusty Bowers, ex presidente della Camera dei rappresentanti dell’Arizona, che ha visto il ritorno dei manifestanti cospirazionisti a casa sua dopo essersi rifiutato di aprire un’indagine su una possibile manipolazione del voto nel suo Stato in assenza di prove tangibili.

La breve presenza sullo schermo di “QAnon Shaman” Jacob Chansley e di altri personaggi della cospirazione purtroppo fornisce solo un accesso limitato al pensiero trumpista. Per una migliore comprensione dei fatti del 6 gennaio faremo riferimento anche a Quattro ore in Campidoglioun altro risultato di Reed.

I fanatici della politica americana, tuttavia, si diletteranno nel ritratto poco lusinghiero della “squadra d’assalto” messa insieme da Donald Trump per condurre la sua guerriglia legale, guidata dall’infernale (e decisamente stravagante) trio formato da Jenna Ellis, Sidney Powell e Rudy Giuliani.

Tanti avvocati, e il documentario purtroppo non lo specifica, che alla fine sono stati giudicati colpevoli di appropriazione indebita per invalidare i risultati delle elezioni a diversi livelli.

Dal film esce ridicolo anche l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, che non ci risparmia la sua famosa (e scomoda) conferenza stampa, durante la quale, con la tintura che gli colava lungo le tempie, accusa Venezuela, Cuba e i democratici di aver ordito un vasto complotto.

Verso il secondo turno?

Nonostante tutto, avendo testimoniato funzionari eletti che hanno saputo dire no a Trump, Fermare il furto suggerisce che esiste ancora un certo buon senso all’interno del Partito repubblicano e della magistratura americana.

È un bene, poiché, come suggeriscono diversi relatori, un’altra sconfitta di Trump nel prossimo novembre porterebbe a una nuova campagna di disinformazione e manifestazioni il cui esito è molto difficile da prevedere.

“Il 6 gennaio 2021 è solo il trailer di ciò che potrebbe accadere in caso di un’altra sconfitta di Trump”, afferma Stephanie Grisham alla fine del documentario.

La diga reggerà una seconda volta? Risposta a novembre.

Fermare il furto

Dan Reed, disponibile su HBO e Crave

Da vedere in video

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