COLLOQUIO – L’accademico immagina nel suo nuovo romanzo, magistrale, il destino di un comunista francese imprigionato per quasi vent’anni in URSS prima di tornare dal suo esilio forzato nell’agitata Parigi del 1968… da dove preferirebbe partire per la Siberia. Lo scrittore ha confidato a “Fig Mag” la storia recente dei suoi due Paesi del cuore.
Erano olandesi, tedeschi, americani, spagnoli, polacchi, croati… Tutti, ad un certo punto della loro vita, credevano nel miraggio comunista sovietico e volevano conoscerlo da vicino venendo a Mosca. Tutto lo pagò caro: arresti, processi truccati, incarcerazioni, torture. Per la maggior parte comunisti sinceri, raccontarono le loro illusioni deluse, le loro sofferenze, il loro smarrimento, la loro rabbia in racconti sorprendenti (undici anni di stampa sovietica, di Elinor Lipper; fuggito dalla Russia, Antoni Ekart; terra disumana, di Joseph Czapski;
L’eroe del nuovo romanzo di Andreï Makine prende qualcosa in prestito da ciascuno di questi uomini e donne. Lucien Baert è un operaio metallurgico di Douai entusiasta dell’ideale comunista. Nel 1939 andò per una settimana a & nbsp
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