“Di silenzio e d’oro”, di Ivan Butel, Globe, 248 pag., 22 €, digitale 17 €.
Ivan Butel non ha aspettato il cinquantesimo anniversario della morte di Franco (20 novembre 1975) e la sua commemorazione già molto controversa in Spagna in questi giorni, per approfondire la storia della transizione democratica che ne è seguita. In effetti, da quasi venticinque anni questo documentarista, nato nel 1968, è appassionato di quest’epoca e delle sue tumultuose conseguenze. Se gli interessava, non era per particolari affinità con la Spagna ma grazie a una figura molto singolare: Sebastian “Chano” Rodriguez, campione di nuoto paralimpico che, prima di trionfare nelle piscine, trascorse nove anni in prigione per terrorismo. Membro del Grapo, un’organizzazione di estrema sinistra impegnata in una lotta armata molto attiva tra il 1975 e il 1985, fu condannato quell’anno a ottantaquattro anni di reclusione per aver partecipato a vari attentati, tra cui l’assassinio di un imprenditore di Siviglia. Perse l’uso delle gambe in carcere a seguito di uno sciopero della fame, prima di essere rilasciato sulla parola nel 1994. Amnistiato nel 2007, è oggi, sotto il nome fittizio di «Cha», il protagonista di un affascinante primo libro, un misto di indagine, ritratto, diario, racconto storico, finzione e cose viste.
È in una sezione di La squadraun giornale con il quale, da giovanissimo, lui “imparato a leggere, a contare, ma anche la geografia e un modo di comprendere il mondo” quel Ivan Butel, fanatico di “tutti gli sport”scopre l’esistenza del nuotatore. È l’ottobre del 2000, il giorno dopo i Giochi Paralimpici di Sydney, e lui torna in Spagna, coperto di gloria (cinque medaglie d’oro). Ma è anche al centro di una vivace polemica. Il suo passato è appena stato rivelato dalla stampa spagnola; si levano voci per chiedere il ritiro delle sue medaglie. La notizia colpisce Butel, un ex studente di filosofia che recentemente ha deciso di scambiare i libri con la macchina fotografica. Soprattutto, fa eco all’impegno (all’estrema sinistra) dei suoi genitori: il giornalista e scrittore Michel Butel (1940-2018) e Catherine Cot, vicini a Pierre Goldman e Henri Curiel, assassinati a pochi mesi di distanza. “Da bambino mi sono confrontato con la violenza: ero consapevole che intorno a me le persone uccidevano o venivano uccise. Altri erano in prigione»dice.
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