Speranza e liberazione degli ostaggi dopo 15 mesi di conflitto

Speranza e liberazione degli ostaggi dopo 15 mesi di conflitto
Speranza e liberazione degli ostaggi dopo 15 mesi di conflitto
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Dopo 15 mesi di guerra mortale, domenica entrerà in vigore un accordo sulla tregua a Gaza e sulla liberazione degli ostaggi. Una speranza di pace per un territorio devastato, ma il futuro politico resta incerto. Cosa ci riserva questa tregua tanto attesa?

Questa domenica mattina un vento di speranza soffia sulla Striscia di Gaza. Dopo 15 mesi di guerra devastante che ha provocato decine di migliaia di morti e lasciato il territorio palestinese in rovina, deve finalmente entrare in vigore un accordo di tregua duramente negoziato. Un barlume di speranza per una popolazione martoriata, ma anche tanti interrogativi sul futuro di questo conflitto che dura da decenni.

Un cessate il fuoco e rilasci attesi

È alle 8.30 ora locale che deve iniziare ufficialmente il cessate il fuoco, dopo lunghi mesi di mediazione internazionale guidata da Qatar, Egitto e Stati Uniti. L’accordo prevede inizialmente la cessazione delle ostilità e uno scambio di prigionieri: 33 ostaggi tenuti a Gaza contro 737 palestinesi detenuti da parte israeliana.

Tra gli ostaggi di cui si spera la liberazione questa domenica, ci sono tre donne israeliane e due franco-israeliani, Ofer Kalderon e Ohad Yahalomi, rapiti nell’ottobre 2023 durante l’attacco senza precedenti di Hamas contro Israele che ha scatenato questa guerra. “Questo è il momento che stavamo aspettando. Spero davvero che vedremo mio nonno tornare a casa, in piedi, vivo”, confida emozionato Daniel Lifshitz, nipote di Oded Lifshitz, 84 anni, anche lui tenuto in ostaggio.

Gaza ferita spera di ricostruirsi

Per i 2,4 milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza, la stragrande maggioranza dei quali sono stati sfollati a causa dei combattimenti, è giunto il momento di un incerto ritorno a casa. “Rimuoverò le macerie dalla casa e metterò lì la mia tenda”, dice Oum Khalil Bakr, un rifugiato a Nousseirat. Molti “vedranno il loro intero quartiere distrutto” senza alcun servizio essenziale, avverte Mohamed Khatib della ONG Medical Aid for Palestine.

Secondo l’ONU, questa guerra ha causato un livello di distruzione “senza precedenti” a Gaza, già minata dalla povertà, dalla disoccupazione e dal blocco israeliano dal 2007. Le perdite umane sono immense: più di 46.000 palestinesi uccisi, la maggioranza civili, e 1.200 da parte israeliana. “La sofferenza continuerà ma almeno c’è speranza”, riassume Mohamed Khatib.

Un processo di pace in tre fasi

Al di là del cessate il fuoco immediato, l’accordo di tregua si articola in tre fasi. La prima, articolata su sei settimane, prevede oltre allo scambio di prigionieri il ritiro israeliano dalle aree densamente popolate di Gaza e un aumento degli aiuti umanitari. La seconda fase dovrebbe consentire il rilascio degli ultimi ostaggi, prima di una fase finale dedicata alla ricostruzione di Gaza e alla restituzione dei corpi dei prigionieri deceduti.

Ma rimangono molte sfide. L’accordo lascia in particolare senza risposta la questione cruciale del futuro politico di Gaza, dove l’islamista Hamas ha preso il potere nel 2007. L’Autorità Palestinese di Mahmoud Abbas si dice pronta ad “assumersi pienamente le proprie responsabilità”, ma gli equilibri di potere rimangono incerti .

Quale futuro per il processo di pace?

Altra incognita: il coinvolgimento della nuova amministrazione americana di Donald Trump, che si insedierà lunedì. Il suo predecessore Joe Biden, l’artefice di questo accordo, lo vede come “un cessate il fuoco totale” e un passo importante verso “la fine definitiva del conflitto”. Ma la strada sarà lunga per trasformare questa tregua precaria in una pace duratura.

Perché se l’obiettivo dichiarato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di annientare Hamas non verrà raggiunto, il movimento islamista uscirà notevolmente indebolito da questo conflitto, senza aver detto l’ultima parola. La ricostruzione di Gaza, le tensioni persistenti e la questione palestinese nel suo complesso restano sfide da affrontare per il futuro.

Vite spezzate, fragile speranza

Intanto, per le famiglie degli ostaggi e per gli abitanti di Gaza, è un momento di sollievo misto ad apprensione. Dopo tanta morte e distruzione, tutti sperano di tornare a una parvenza di vita normale. Ma in questo conflitto senza fine, quanto durerà questa tregua? L’accordo di tregua da solo non cancellerà le cicatrici di una guerra che ha devastato così tante vite.

“So che mio figlio Ahmed non tornerà”, confida Samira asciugandosi le lacrime. Morì sotto le bombe insieme alla moglie e ai loro tre figli. Ma se questa tregua può impedire ad altri di vivere una simile tragedia, allora forse il loro sacrificio non sarà stato vano. » Una speranza condivisa da migliaia di famiglie distrutte, per le quali la pace, anche fragile, non ha prezzo.

I prossimi giorni saranno decisivi per giudicare la solidità di questo accordo. Ma al di là della tregua, c’è un vero processo di pace che dovrà essere costruito per uscire finalmente da questo ciclo infernale di violenza. Una sfida immensa, commisurata alle sofferenze subite dalle popolazioni. La speranza rimane intatta: che un giorno israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco in pace, nel rispetto reciproco dei loro diritti e della loro dignità. Un sogno ancora lontano, ma che questo fragile accordo lascia intravedere.

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