Domenica si è tenuta una conversazione telefonica tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente americano Joe Biden, mentre i colloqui per il rilascio degli ostaggi entrano in una fase decisiva.
Una delegazione israeliana di alto livello, tra cui il direttore del Mossad, il capo dello Shin Bet e il generale Nitzan Alon, si è recata a Doha per partecipare ai negoziati. Questa missione diplomatica avviene in un contesto particolarmente delicato, otto giorni prima della fine del mandato di Joe Biden, scadenza fissata da Donald Trump per la firma di un accordo.
In un comunicato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha sottolineato l’impegno personale di Netanyahu in questi negoziati, ringraziando in particolare il sostegno dell’amministrazione americana in questa “sacra missione”. Allo stesso tempo, si sono svolte consultazioni interne con i ministri Itamar Ben Gvir e Betsalel Smotrich, precedentemente contrari a qualsiasi accordo, poiché Ben Gvir aveva votato contro una precedente proposta nel novembre 2023.
In precedenza, Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, aveva mostrato un misurato ottimismo, parlando di una situazione “molto vicina a un accordo” e sottolineando gli ostacoli che persistono.
Secondo le informazioni del New York Times, restano diversi punti di attrito tra le parti. Hamas chiede un cessate il fuoco permanente, mentre Israele è favorevole ad una formulazione più ambigua. L’organizzazione terroristica chiede inoltre garanzie specifiche riguardo al ritiro delle forze israeliane, comprese mappe dettagliate che non sono state ancora fornite.
Un punto cruciale resta senza risposta: Israele condiziona qualsiasi accordo all’ottenimento di una lista degli ostaggi ancora vivi, prerequisito considerato essenziale per determinare il numero di prigionieri palestinesi che potrebbero essere rilasciati in cambio.
