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| 15 secondi fa
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Martedì, in una conferenza stampa, Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, ha scatenato un’ondata di polemiche annunciando la sua intenzione di rinominare il Golfo del Messico In “Golfo d’America” e rifiutando di escludere l’uso della forza militare o economica per realizzare le sue ambizioni riguardanti il Canale di Panama e il Groenlandia.
Una minaccia economica e militare appena velata
Alla domanda sulle sue intenzioni nei confronti di Panama e Groenlandia, Trump ha detto: “Non posso confermare nulla. Abbiamo bisogno di questi territori per la nostra sicurezza economica. » Non ha escluso la possibilità di azioni militari, sottolineando che gli Stati Uniti potrebbero “essere costretti ad agire”.
Questa affermazione fa eco al suo discorso sul forza economicache intende usare anche contro Canada. Trump ha menzionato il suo desiderio di unificare i due paesi, vedendo la fusione come un passo avanti positivo per la sicurezza nazionale ed economica.
Gravi misure protezionistiche
Il presidente eletto ha anche annunciato l’intenzione di imporre tariffe “estremamente rigide” sugli scambi con i paesi Messico e il Canada. Riguardo al Messico, ha rinnovato la sua critica all’immigrazione clandestina, affermando: “Il Messico deve smettere di permettere a milioni di persone di attraversare le nostre frontiere. »
Trump ha anche spiegato che il cambio del nome del Golfo del Messico In Golfo d’America rifletteva meglio, a suo avviso, l’identità nazionale e geografica degli Stati Uniti.
Maggiore pressione sulla NATO
Nella stessa conferenza, Trump ha esortato i membri della NATO ad aumentare le loro spese militari 5% del tuo PIBben oltre l’attuale obiettivo di 2%. Ha accusato i membri dell’alleanza di non contribuire equamente alla propria difesa, pur affermando: “Tutti possono permetterselo”. »
Un discorso polarizzante prima di entrare in carica
Queste dichiarazioni arrivano a pochi giorni dal suo insediamento ufficiale, previsto per il 20 gennaio 2025. Riflettono un atteggiamento protezionista e una visione geopolitica incentrata sul dominio economico e militare degli Stati Uniti, alimentando dibattiti sul suo approccio alle relazioni internazionali.
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