Organizzando il Congresso di Rottura da qui al 28 febbraio 2025, il marchio comunitario si inserisce nei due percorsi contraddittori aperti dal RPPRAC, “totale continuità territoriale”, assimilazionista, e “Autonomia totale”, anti-assimilazionista. Oggi, come ieri, il momento non è quello della coerenza ma dell’eccessiva incoerenza. Le parole indipendenza e autonomia sono state sostituite dalla parola rottura. Non è questa l’ultima parola? gatto’ nella borsa chiamato a venire in tutte le possibili forme di inganno? Inizia subito il concorso Lépine per la definizione di questo rottura.
Con tutto il rispetto, è una questione di “LA” rotturaun fattore determinante che lascia pochi dubbi sull’obiettivo finale. Tuttavia, Serge Letchimy si chiede: “Siamo “davvero” pronti ad andare verso una rottura? ? Ma questo è solo un dubbio estetico: “Penso che dobbiamo andare” è necessario “grandi cambiamenti”, … “decisioni di rottura”. Infatti, il capo del marchio comunitario elenca le aree di competenze che gli mancano: “salute, istruzione, terra, agricoltura, pesca”. Si risolverà quindi, oltre alla questione del “prezzi del cibo“, “il problema globale dello scarso sviluppo organizzato” e quello del “povertà”. Una lista in stile Prévert che sembra proprio l’annuncio di un progetto di autonomia totale. Solo le due stampelle del potere sovrano, la polizia e la giustizia, sembrano sfuggire alla lista. Ma le varie e variegate mozioni del marchio comunitario stanno già mettendo a dura prova il potere sovrano, secondo il principio che è meglio essere in grado di criticarlo piuttosto che esercitarlo. Insomma, il presidente dell’esecutivo che ha compiuto i gesti più favorevoli ai movimenti nazionalisti non sembra pronto a lasciarsi superare in termini di radicalità sul piano statutario.
Per il principale oppositore, Daniel Marie-Sainte, è la voce della prudenza e dell’ortodossia del movimento indipendentista della Martinica (MIM). Non riprenderà la parola rottura ma accoglierà con favore la manna: “Fin dall’inizio della crisi abbiamo fatto proprio qui questa proposta”. Il congresso… lo è… l’unico luogo previsto per incontrarci, confrontarci e sviluppare un progetto per il nostro Paese”. Una dichiarazione sotto forma di mozione d’ordine, molto poco rivoluzionaria, che condannerebbe gli incontri casuali, organizzati tra partecipanti dubbi e in luoghi improbabili. Essendo un sindacalista esperto non è molto “RPPRAC”.
La terza pausa, quella portata da Francis Carole, assomiglia esattamente alla parola per parola di Serge Letchimy: “Abbiamo bisogno di un congresso dirompente”. Quando quest’ultimo “Lasciare ad altri la lotta per l’indipendenza”sembra dire «vai tu… e Francis!»che lo considera “Bisogna affrontare anche la questione della decolonizzazione”. Infine, è difficile opporsi ideologicamente al presidente dell’esecutivo e al litigioso leader di Palima che appare, almeno verbalmente, come uno dei pochi nazionalisti coerenti in questo paese. Delle duplici richieste del RPPRAC, Carole ne mantiene solo una, l’autonomia totale, che lui chiama coraggiosamente decolonizzazione. Soprattutto non l’altra parte assimilazionista, quella di “consumare come Parigi ai prezzi di Parigi”.
Ma ora, uscendo dalla sua tana, il vecchio leone Alfred Marie-Jeanne riunisce tutte queste belle persone. Fa uscire dal limbo lo slogan che non ha mai osato pronunciare quando era presidente delle comunità: “un referendum pro o contro l’indipendenza”. Un referendum vincolante e non una semplice consultazione popolare, non soggetta a obbligo come quella del 24 gennaio 2010. Può Alfred Marie-Jeanne credere davvero alla vittoria del SI in un referendum sull’indipendenza secco e affrettato? Può prevedere o sperare che un massiccio NO porrà fine in modo duraturo alle richieste istituzionali? In definitiva, la rivelazione di Chaben potrebbe non avere altra ambizione se non quella di affinare la sua statua di comandante di fronte alla storia.
In ogni caso, nel momento in cui talvolta si usa la parola totalitarismo per descrivere la vita politica martinicana, nel dibattito si pone una questione relativa al funzionamento della democrazia. Tutti i sostenitori della rottura si sono espressi sia nell’Aula del marchio comunitario che via radio e sulla stampa. Che dire dei rappresentanti degli elettori contrari a questa rottura? Non ci sarebbero funzionari eletti né al CTM né altrove a portare la loro voce, mentre i presagi assicurano che il loro numero potrebbe salire a circa il 90% dei Martinicani? Pertanto, se questi funzionari eletti oggi non esistessero o fossero troppo pochi, i loro elettori esisterebbero effettivamente. Forse dovremmo ricercarli in modo democratico per evitare che la democrazia martinicana diventi solo un’illusione.
Per questo motivo sarebbe opportuno allineare l’opinione della popolazione e quella dei suoi rappresentanti eletti ed evitare che una massiccia maggioranza di elettori contrari alla rottura sia rappresentata da una maggioranza di eletti favorevoli ad essa. . Basterebbe porre fine alla politica del fazzoletto in tasca, in vigore solo durante le campagne elettorali, che permette di giudicare i candidati esclusivamente in base alla loro bellezza. Il referendum voluto da Alfred Marie-Jeanne potrebbe quindi essere organizzato nel 2028, all’indomani del rinnovo dell’Assemblea territoriale del CTM dove il progetto dovrebbe trovarsi al centro della campagna elettorale. Comunque sia, ottenuta in queste condizioni di chiarezza politica, la decisione referendaria potrebbe tranquillizzare la società martinicana che ne ha tanto bisogno.
Fort-de-France, 5 gennaio 2025
Yves-Léopold Monthieux