l’arte francese della protesta

l’arte francese della protesta
l’arte francese della protesta
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Una volta al mese, Dovere farà un breve salto nel passato presentando e contestualizzando una foto d’archivio dell’agenzia Magnum. Oggi: le conseguenze dell’attentato contro Charlie Hebdo attraverso l’obiettivo di Raymond Depardon.

I francesi eccellono quando si tratta di scendere in piazza per manifestare. Basti pensare ai blocchi stradali degli agricoltori nell’ultimo anno, alla frequenza sostenuta delle proteste contro la riforma delle pensioni nel 2023 o alla portata del movimento dei gilet gialli cinque anni prima – per restare solo nella storia recente.

I francesi sono sempre pronti a rispondere all’appello di una causa che hanno a cuore. E l’11 gennaio 2015 hanno fatto proprio questo, più che mai.

“Nessuna città o villaggio sembra essere sfuggito a questa mobilitazione storica, degna della Liberazione”, ha scritto Dovere il giorno dopo la marcia repubblicana. E per una buona ragione! Mai così tanti francesi hanno camminato per le strade della Francia come quel giorno, quasi 4 milioni. Un record senza precedenti e ancora ineguagliato.

Questo perché, appena quattro giorni prima, 12 loro connazionali avevano perso la vita durante l’attacco terroristico islamista compiuto dai due fratelli Kouachi nei locali di Charlie Hebdo. Due terzi dei deceduti lavoravano per il giornale satirico, più volte criticato per le sue caricature antireligiose.

Il giorno dopo l’attentato che ha scosso la Francia, un agente di polizia è morto per mano di un terzo terrorista. Anche questo complice della coppia iniziale è tornato all’accusa il 9 gennaio uccidendo quattro persone di fede ebraica in un minimarket.

In totale, 17 persone hanno perso la vita in 3 giorni.

Da questi tre attentati è nata un’ondata di solidarietà nazionale. Una vera marea umana. Bandiere tricolori sventolate in aria si mescolavano a matite – simbolo della libertà di stampa – e manifesti in cui lo slogan “Je suis Charlie” era la regola piuttosto che l’eccezione. Tutto, a ritmo di La Marsigliese.

Per l’occasione sono stati mobilitati più di 5mila agenti di polizia e militari, quasi la metà dei quali per garantire la sicurezza dei cittadini in vista dei giorni precedenti.

Presente anche l’élite politica internazionale. Tra le decine di dignitari presenti sul posto, nientemeno che il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, e il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, il cui incontro in quel momento era già sorprendente.

Sulla scena internazionale, il sostegno non si è fermato ai capi di Stato. In tutto il mondo gli edifici erano illuminati di blu-bianco-rosso. E nelle strade delle metropoli grandi marce di solidarietà. A Montreal, non meno di 30.000 persone hanno sfidato il freddo invernale per creare collettivamente un po’ di calore. Un’ondata d’amore da una sponda all’altra dell’Atlantico.

Marcia contro il terrorismo | Raimondo Depardon

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