Dall'Oriente XXI.
Israele descrive il genocidio in corso a Gaza come una risposta al 7 ottobre e una “difesa” alla quale uno Stato sovrano avrebbe diritto. Tale retorica, trasmessa instancabilmente dai media francesi complici, ha ignorato, per più di un anno, prove implacabili: la guerra contro Gaza non è iniziata il 7 ottobre 2023. L’attuale genocidio è infatti il culmine di un piano di lotta etnica a lungo concepito. pulizia, portata avanti da leader israeliani sempre più estremisti.
Questa necessaria ricontestualizzazione viene abilmente effettuata in Palestina-Israele. Una storia visiva. Con questo lavoro tanto preciso quanto didattico, i due autori – Dominique Vidal, ex giornalista e storico, e Philippe Rekacewicz, cartografo – risalgono al XIX secolo ottomano e riescono a far luce con finezza su più di un secolo di storia della del progetto coloniale sionista e del suo insediamento in territorio palestinese.
Una mappa della scomparsa
Chiunque sia interessato alla questione palestinese ha sicuramente visto queste mappe successive dal 1948 agli anni 2010, la cui giustapposizione mostra la progressiva erosione del territorio palestinese da parte della colonizzazione israeliana. Dalla Nakba (“catastrofe” in arabo), la sanguinosa fondazione di Israele, ad oggi, una serie di date segnano le tappe dell’annessione del territorio palestinese da parte dell’esercito israeliano, in spregio al diritto internazionale e alle risoluzioni delle Nazioni Unite.
L’uso della cartografia non è quindi nuovo per denunciare la colonizzazione. Ma Rekacewicz e Vidal offrono un lavoro che raccoglie più di 80 mappe e grafici statistici basati su varie fonti internazionali. Supportata da spiegazioni storiche, archivi e citazioni d'epoca, questa “storia visiva” si avvale del lavoro di storici israeliani riconosciuti e riesce a rendere accessibile una cronologia vertiginosa senza mai semplificarla. Il risultato sono mappe inedite che descrivono in dettaglio la situazione a Gaza nel 2024, rese più ricche e toccanti dalla presentazione del secolo di oppressione coloniale che lo precede.
Dalla nascita del sionismo alla pulizia etnica
Dalla nascita del sionismo in un’Europa colonialista e antisemita alla spartizione del Medio Oriente da parte delle potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale, seguiamo l’autocompiacimento europeo nei confronti delle prime congregazioni sioniste, e in particolare quella del Regno Unito. Poi vennero gli anni ’30, con le rivolte arabe ed ebraiche in Palestina, poi la Seconda Guerra Mondiale e la Shoah. Assaliti da ogni parte e sentendosi colpevoli del genocidio degli ebrei d'Europa, gli inglesi si ritirarono dalla Palestina, già parzialmente colonizzata nel 1948 da quello che divenne lo Stato di Israele. La sovranità palestinese non è mai stata presa in considerazione né nei negoziati imperialisti delle potenze europee né nel piano di spartizione, approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1947, che nega le realtà demografiche e politiche del territorio.
Seguirono decenni violenti durante i quali gli stati arabi si allontanarono gradualmente da una questione palestinese che non li serviva più. Allo stesso tempo, la resistenza si organizzò e finì per vincere, nel 1993, gli accordi di pace – Oslo – acclamati da tutto il mondo. Ma con il pretesto di rafforzare la sovranità palestinese, questi accordi la condizionano gravemente. Inoltre, vengono ripetutamente ignorati da uno stato israeliano che ignora il diritto internazionale e le Nazioni Unite.
Gli anni 2000 hanno visto la nascita di una rivolta repressa con la violenza – la seconda intifada –, la costruzione di un muro di separazione ritenuto illegale dalle Nazioni Unite e, dal 2007, il blocco della Striscia di Gaza che si è ritrovata completamente senza sbocco sul mare. Il lavoro ripercorre contemporaneamente la radicalizzazione della politica israeliana, l'accelerazione della colonizzazione su tutto il territorio e si conclude con una breve presentazione sulla guerra in corso.
In un’epoca in cui la propaganda coloniale cerca di rendere invisibile l’esperienza palestinese, una simile impresa educativa è vantaggiosa. Ci permette di identificare non solo i contorni del colonialismo in Palestina, ma anche di identificarne i responsabili. Le realtà storiche ricordate dagli autori non saranno una scoperta per molti lettori. D’altro canto, la loro presentazione in un racconto preciso e volutamente lungo permette di ribadire, con prove alla mano, le molteplici responsabilità nell’oppressione del popolo palestinese, senza omettere la colpa dei suoi leader.
Con una cronologia così completa, questa storia visiva rivela il carattere profondamente imperialista del colonialismo dei coloni sionisti in Palestina. Incoraggiata a turno da Regno Unito, Francia e Stati Uniti a seconda del profitto che queste potenze pensano di trarne, l’impresa sionista affonda le sue radici nel colonialismo europeo e non ha mai nascosto le sue ambizioni suprematiste nei confronti della popolazione araba.
La conclusione di tale lettura è inequivocabile: l’evoluzione del progetto coloniale sionista in una politica statale genocida è stata ignorata, se non facilitata, dall’Occidente. Le correnti politiche razziste ed estremiste che oggi fioriscono lì sono anche all'origine della devastazione di un territorio palestinese ridotto al nulla.
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