Secondo quanto riferito, Israele è sul punto di raggiungere un accordo senza precedenti per il rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza dopo l'attacco di Hamas nell'ottobre 2023. I negoziati…
Secondo il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, i negoziatori israeliani sono più vicini che mai a un accordo storico per il rilascio degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza dalla tregua del novembre 2023. Un passo avanti significativo in una questione delicata che dura ormai da diversi mesi.
In una sessione a porte chiuse davanti alla Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento israeliano, Katz ha affermato che il suo Paese “non era stato così vicino ad un accordo sugli ostaggi dall'accordo precedente”. Commenti riportati dal suo portavoce e confermati da diversi media locali.
Hamas ottimista ma cauto
Da parte palestinese, un alto funzionario di Hamas si è mostrato più misurato, pur esprimendo un certo ottimismo. In condizioni di anonimato, ha dichiarato all'AFP: “Per quanto riguarda la possibilità di raggiungere un accordo sullo scambio di prigionieri e un cessate il fuoco tra l'occupazione (Israele, ndr) e la resistenza (Hamas e altri gruppi palestinesi, ndr), credo che in realtà siamo più vicini all’obiettivo di quanto lo siamo mai stati fino ad ora.
Tuttavia, ha messo in guardia contro un possibile ripensamento da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accusandolo di aver “deviato intenzionalmente le cose” in passato quando si raggiungevano accordi simili.
Uno sguardo alla tregua del novembre 2023
Si ricorda che nel novembre 2023 è avvenuta una tregua di una settimana nella guerra innescata il 7 ottobre da un attacco senza precedenti di Hamas sul territorio israeliano. Questo accordo, l'unico fino ad oggi, ha consentito all'epoca il rilascio di 105 ostaggi israeliani detenuti a Gaza e quello di 240 prigionieri palestinesi incarcerati in Israele.
Da allora, nonostante gli sforzi di mediazione guidati da Egitto, Stati Uniti e Qatar, tutti i tentativi di raggiungere una nuova tregua sono falliti. All’inizio di novembre, il Qatar ha addirittura annunciato la sospensione del suo ruolo di mediatore, deplorando la “totale assenza di volontà” delle due parti di raggiungere un accordo.
La diplomazia è rilanciata su più fronti
Ma nelle ultime settimane le cancellerie sembrano essersi rimesse al lavoro. Washington, Il Cairo, Doha e Ankara stanno ora conducendo una mediazione congiunta per cercare di portare avanti i colloqui.
Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha dichiarato giovedì, durante una visita a Gerusalemme, di avere “l'impressione” che il primo ministro Netanyahu sia pronto a raggiungere un accordo per liberare gli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso.
Trattative complesse e questioni cruciali
Se davvero si raggiungesse un accordo nei prossimi giorni o settimane, si tratterebbe innegabilmente di un importante passo avanti in una questione particolarmente spinosa.
Per Israele la liberazione dei cittadini tenuti in ostaggio è una priorità assoluta, una questione di sicurezza nazionale ma anche un imperativo morale e umanitario. Per Hamas, garantire il rilascio di centinaia dei suoi membri incarcerati è altrettanto cruciale, sia come vittoria politica che come sollievo per molte famiglie palestinesi.
Ma al di là di queste questioni immediate, un accordo di questo tipo potrebbe anche aprire la strada a una più ampia allentamento del conflitto, o addirittura a una ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi. Dopo mesi di scontri mortali e di crescenti tensioni, questa prospettiva, per quanto fragile possa essere, rappresenterebbe una speranza per le popolazioni di entrambe le parti.
I prossimi giorni saranno quindi decisivi per sapere se gli sforzi diplomatici in corso potranno effettivamente portare ad un accordo. Nonostante gli ostacoli e la sfiducia che persistono, il desiderio manifestato dai diversi attori di raggiungere un compromesso suggerisce un barlume di speranza in una questione rimasta per tanto tempo in un vicolo cieco. Un'occasione da cogliere per andare avanti, passo dopo passo, nel lungo e difficile cammino verso la pace in Medio Oriente.