Il consulente principale di RMC non è sorpreso dalle attuali difficoltà del PSG. La responsabilità è di Luis Enrique, che con lui ripropone lo stesso schema di Louis van Gaal.
Il PSG è nei guai. Tre giorni dopo la triste sconfitta subita in Champions League sul campo del Bayern Monaco, il club della capitale è infatti costretto al pareggio (1-1) contro l'FC Nantes. Una prestazione decisamente negativa che è valsa a Luis Enrique, allenatore parigino, una nuova ondata di critiche.
Per Christophe Dugarry, l'ex centrocampista è il principale responsabile di questa situazione. La colpa è dei suoi incessanti esperimenti tattici. “Due ore prima aveva posato qualcosa. Pensa che sia un gioco per computer, che tu abbia il joystick e puoi manovrare i ragazzi come vuoi. Perché è così brillante e intelligente che i ragazzi possono farlo.”ha criticato, sottolineando la sfortunata abitudine dell'allenatore parigino di non far sviluppare i suoi giocatori nelle loro migliori posizioni.
“Ad un certo punto ho detto stop”
“Quando non riesci a giocare bene in un ruolo che non è il tuo, dove le tue capacità vengono compromesse… penso a Kang-in Lee, terzino destro, terzino sinistro, a tutta una serie di giocatori che si ritrovano costretto a scambiare,
sussurrò. Smarriti i due attaccanti del Bayern Monaco (Barcola e Dembélé), giocatori di corridoio. Fin dall'inizio, vediamo che i ragazzi sono persi. Sono in una sorta di sistema stereotipato e non hanno alcuna possibilità di poter giocare veramente il loro gioco. Una composizione di squadra e un'organizzazione, le metti in base alle qualità e ai difetti dei tuoi giocatori. Non inventi per loro qualità che non hanno. Vedendo il centravanti Hakimi essere il giocatore più pericoloso della tua squadra, non dovresti stupirti che ci siano scarti tecnici e problemi di rifinitura. »
Questa situazione ricorda al campione del mondo 98 il suo calvario vissuto al Barça. “Lo conoscevo al Barça con Van Gaal. Stavo impazzendo, mi spiegava ogni volta che potevo giocare il numero 6. Era una cosa sua. E più ero catastrofico, più mi sgridava perché non potevo giocare al numero 6, ha detto. Non importa quanto gli ho detto… Ma a un certo punto ho detto basta, 'mi fermo, tu pensi quello che vuoi e io penso quello che voglio io'. E questo è il problema. Quando un allenatore ti fa giocare posizioni che non padroneggi, che non conosci, che non capisci, c'è un problema. Ad un certo punto, non funziona. »