La Corte Suprema offre una grande vittoria a Donald Trump sulla questione dell’immunità presidenziale

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Donald Trump, ad Altanta, Georgia, 27 giugno 2024. MARCO BELLO/REUTERS

Donald Trump sta vivendo un periodo di felicità. Pochi giorni dopo l’affondamento di Joe Biden durante il dibattito televisivo, l’ex presidente ha ricevuto lunedì 1È Luglio, un’altra lieta notizia. Non sorprende che la Corte Suprema, dominata da giudici conservatori, abbia inferto un duro colpo alle indagini federali sul tentativo di colpo di stato che ha portato all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.

Interrogata a pronunciarsi sull’immunità presidenziale totale richiesta da Donald Trump nell’ambito delle sue passate funzioni, non ha acconsentito a tale richiesta, stravagante agli occhi dei giuristi. Ma, dietro le sottigliezze della decisione, la vittoria non è meno spettacolare per il candidato repubblicano, che vede allontanarsi la minaccia di un processo in questo caso. Donald Trump può sperare in risposte favorevoli anche nelle altre indagini contro di lui, in particolare quella indagata in Georgia riguardante le pressioni esercitate, alla fine del 2020, sui funzionari di questo Stato per modificare il risultato delle elezioni.

Lo sottolinea il presidente della Corte, John Roberts, autore della decisione approvata da sei giudici contro tre “la natura del potere presidenziale richiede che un ex presidente possa godere di una qualche forma di immunità dai procedimenti penali per atti ufficiali commessi durante il suo mandato”. Un’immunità che deve essere assoluta, aggiunge, riguardo al cuore delle sue prerogative costituzionali. Anche per gli altri suoi atti ufficiali, nelle aree in cui condivide l’autorità con il Congresso, deve beneficiare di una qualche forma di “presunzione di immunità”che può essere revocata solo caso per caso, in tribunale, a seconda della rilevanza delle prove raccolte dall’accusa.

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Infine, gli atti privati ​​non sono coperti dall’immunità. Si delineano quindi tre possibili scenari, ma senza una portata chiaramente definita per gli ultimi due. Ecco Tanya Chutkan, il giudice che presiede l’udienza del 6 gennaio a Washington, investita di un’immensa responsabilità. Ma il tempo sta per finire.

Le indagini della procura speciale sono affondate

Dietro questa apparente cautela da parte della Corte e le sue scuse per la separazione dei poteri, la maggioranza dei giudici sta costruendo una serie di muri, di varie dimensioni, attorno all’istituzione presidenziale, e quindi a Donald Trump. John Roberts sembra particolarmente preoccupato per possibili procedimenti giudiziari per motivi politici contro un presidente, trascurando il nocciolo della questione: un tentativo di colpo di stato. È preoccupato per l’intrusione della magistratura nell’esecutivo, per l’effetto dissuasivo e dirompente che la minaccia di un procedimento penale avrebbe su un presidente, negli arbitrati chiave.

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