La sinistra possiede la cultura?

-

La sinistra considera il mondo della cultura una sua riserva e teme una “controrivoluzione culturale” se domenica la RN si assumerà la responsabilità


Qualunque sia il risultato delle elezioni legislative del 7 luglio, le questioni e i problemi affrontati durante la campagna saranno stati importanti. Anche se per la maggior parte dei media l’importante – almeno prima del primo turno – era dimostrare la nocività del Raduno Nazionale (RN). Inoltre, quando un’analisi provoca riflessione e stimola polemiche, vale la pena attribuirle valore.

Patrimonio contro creazione

Questo è ciò che voglio fare con la prima parte di “Con la RN, verso una controrivoluzione culturale” pubblicato in Il mondo di Roxana Azimi e Michel Guerrin. Le sue cronache sulla cultura mi hanno sempre interessato per la loro libertà e la loro relativa neutralità in una vita quotidiana ostile alla destra e contraria all’estrema destra. L’impressione che emerge innanzitutto è la volontà di far apparire ogni dissidenza, differenza, sfumatura in relazione alla concezione culturale dominante – in gran parte ispirata alla sinistra, creatori e artisti essendo per lo più permeati di questa visione – come una controrivoluzione. Potremmo solo percepirli come la diversificazione e l’arricchimento di una tavolozza stimabile, spesso accettabile ma da rivitalizzare, da rinnovare.

Leggi anche Didier Desrimais: una breve panoramica delle preoccupazioni del “mondo della cultura”

Quindi il RN, se fosse al potere, “provocherebbe una rottura favorendo il patrimonio a scapito della creazione”. Mi sembra che non sarebbe un’assurdità mantenere o restaurare prima ciò che già esiste. La creazione, se fosse meno privilegiata, dovrebbe probabilmente essere più esigente nelle ricchezze che offre. Non chiunque potrebbe dirsi artista e quindi beneficiare immediatamente di sussidi che non sarebbe vergognoso rifiutare a elucubrazioni o concetti vaghi. Considerare che l’onore di essere chiamato artista possa derivare solo da determinate promesse o esperienze apprezzate nel tempo non sarebbe un’offesa alla cultura. Ma al contrario, la discriminazione non rende più ridicola una certa cultura attraverso la convalida sistematica di tutto ciò che pretende di essere degno di interesse. Non si tratterebbe in nessun caso di vietare le incongruenze o le provocazioni, ma di privarle di un’etichetta ufficiale che miri a legittimarle quando la loro realtà è più che mediocre…

Leggi anche Henri Beaumont: La terra desolata si sta muovendo

Si percepisce allora l’ambiguità della querela che viene proposta contro una concezione conservatrice dell’art. Come se questa visione fosse pericolosa in linea di principio quando oggi rappresenterebbe solo una benefica complementarità al dominio di un progressismo artistico che non ha più, nel suo disegno, la volontà di servire l’universale, di essere condiviso da una moltitudine ma sul piano contrariamente a fare a meno di molteplici consensi per restare intrappolati nel bizzarro, nell’ermetico, nell’oscuro o, talvolta peggio, nello sordido. La destra viene criticata anche per un populismo che la porterebbe a disprezzare la cultura autentica perché sarebbe prerogativa della sinistra, delle élite globalizzate, privilegiate e disconnesse dalla realtà. Questa critica è una caricatura che potrebbe essere facilmente ribaltata: sono le élite che nel complesso, più o meno, hanno plasmato, sviluppato una cultura propria, che somiglia loro, la cui caratteristica principale è il desiderio di allontanare il popolo da essa. . Con il suo gusto volgare e la sua curiosità elementare, è evidentemente incapace di andare verso i tesori culturali che, in tutte le arti, richiedono dilezioni raffinate…

Non toccare la mia cultura!

In tutta l’analisi che sto evocando corre infatti, implicitamente, questo ritornello condiscendente che la sinistra è padrona della cultura, che il semplice fatto, per l’estrema destra, di interferire in essa sarebbe un’usurpazione e che sono attività troppo nobili ed elevate per essere affidate a questi “rednecks”. Seguendo alla lettera questa china, abbiamo il diritto, anzi il dovere, di chiederci se la destra e, forse, la sua estrema destra non debbano cercare di creare un’arte per il popolo, una cultura accessibile a tutti, nel genere che Jean Vilar amava – un elitarismo popolare -, ovviamente agli antipodi di qualunque indottrinamento. Non è forse questo che suggerisce Ariane Mnouchkine, punto di riferimento per tutti gli appassionati di cultura e il cui pensiero è “à la carte”:
“Penso che siamo in parte responsabili, noi gente di sinistra, noi gente di cultura. Abbiamo deluso la gente, non abbiamo voluto ascoltare le paure, le ansie. Quando le persone dicevano quello che vedevano, veniva detto loro che si sbagliavano, che non vedevano quello che vedevano. Era solo una sensazione ingannevole, gli fu detto. Poi, visto che insistevano, gli abbiamo detto che erano imbecilli e poi, visto che insistevano ancora di più, li abbiamo chiamati bastardi. (Pubblicazione).
Ciò che vale per la cultura, per denunciare l’ostracismo, è anche la forza fondamentale che, fatta di condiscendenza e disprezzo, ha creato la politica odierna. La sinistra si autodefinisce proprietaria della cultura. Devi sfidarlo.

Hai appena letto un articolo ad accesso aperto.

Causeur vive solo attraverso i suoi lettori, questa è l’unica garanzia della sua indipendenza.

Per sostenerci acquista Causeur in edicola o iscriviti!

-

PREV Grande incendio nell’Aude, un autista filma l’imponente intervento del Canadair
NEXT “Non ho intenzione di andarmene”, dice Biden