“I ‘sì, ma’ sull’arresto di Boualem Sansal sono odiosi”

“I ‘sì, ma’ sull’arresto di Boualem Sansal sono odiosi”
“I ‘sì, ma’ sull’arresto di Boualem Sansal sono odiosi”
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Di fronte all’arresto dello scrittore Boualem Sansal da parte del regime algerino, l’avvocato Richard Malka denuncia, in un’intervista a “Marianne”, un atto di debolezza autoritaria e un affronto alla libertà di espressione. Chiede una mobilitazione unanime, soprattutto culturale, per difendere i principi fondamentali e sostenere le menti libere di fronte all’arbitrarietà.

Avvocato e difensore della libertà di espressione, Richard Malka reagisce con forza all’arresto dello scrittore algerino Boualem Sansal da parte delle autorità algerine. Analizza questo atto come un attacco diretto alla libertà di espressione e una dimostrazione della fragilità di un regime autoritario alla ricerca del controllo assoluto.

Secondo l’avvocato, l’indifferenza o la debolezza in una situazione del genere equivarrebbero a tradire i principi fondamentali di libertà e giustizia. Di fronte a questa situazione, egli auspica iniziative concrete, come quella dello scrittore Jean-Christophe Rufin volta a proporre l’elezione di Boualem Sansal all’Accademia di Francia.

Marianne: Qual è la tua prima sensazione riguardo all’arresto di questo scrittore franco-algerino da parte del regime algerino? Lo vede come un attacco alla libertà di espressione, ma anche, forse, una prova dei principi francesi della libertà di espressione?

Riccardo Malka: Sono devastato. Conosco Boualem Sansal, un grande scrittore, di raro coraggio, un vero combattente contro l’islamismo. Ed è proprio di questo che viene accusato. Anche in Francia, dove certi pseudo-intellettuali, con insopportabile disprezzo, dicono che bisogna difenderla… ma aggiungono una sì, ma.

Ce Di più è miserabile e odioso. Boualem Sansal è vittima di un regime oscurantista corrotto fino al midollo, che non esita a imprigionare uno scrittore senza motivo, senza processo, senza durata. La mobilitazione non è all’altezza. Si tratta di un grave attacco, non solo alla libertà di espressione, ma anche al diritto umano più elementare: non essere imprigionato dalle azioni di un autocrate o dalla buona volontà di un tiranno.

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Deploro il silenzio di alcuni attori politici, in particolare a sinistra, dove alcuni sono così pronti a parlare di libertà di espressione quando si tratta di abrogare il reato di glorificazione del terrorismo. Forse ritengono che la lotta contro l’islamismo per uno scrittore di cultura araba giustifichi l’essere abbandonato al suo triste destino quando viene rinchiuso senza motivo. Questa piccola musica ti fa venire la nausea.

Crede che questo arresto sia anche una sorta di test posto alla Francia e ai suoi principi da parte del regime algerino?

Ovviamente. C’è una chiara dimensione diplomatica qui. Boualem Sansal viene incarcerato per le sue opinioni e nient’altro. Non ha attaccato, ucciso o ferito nessuno. Ma queste idee disturbano un potere totalitario. Ciò è caratteristico dei regimi più abietti. Non dovrebbe esserci dibattito: dovremmo essere unanimi nel nostro sostegno a Boualem Sansal, soprattutto nel mondo della cultura. Dobbiamo essere tutti Boualem Sansal.

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Ho trovato molto attuale l’idea di Jean-Christophe Rufin di proporre la sua elezione all’unanimità all’Accademia di Francia. Questo tipo di iniziative andrebbero moltiplicate. Se la sinistra non si mobilita per difendere la libertà di un uomo ingiustamente imprigionato perché esprimeva posizioni volteriane, allora non ha più alcuna ragione di esistere.

Il governo francese sembra aver reagito ed Emmanuel Macron ha espresso la sua preoccupazione. Cosa dovrebbe fare, secondo lei, la Francia in un caso così spinoso, in cui un intellettuale sembra essere utilizzato come leva diplomatica?

Non sono diplomatico, ma spero che si faccia di tutto per ottenere la sua liberazione. Prendere in ostaggio un letterato per fare pressione su uno Stato è mostruoso. Ciò illustra la debolezza di un regime incapace di dimostrare la propria forza se non imprigionando gli spiriti liberi. La perdita di slancio di un regime algerino autoritario e fragile.

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Vediamo un regime dittatoriale, in completo declino, con solo l’arma della paura rimasta a trattenere il suo popolo. Tratta i suoi cittadini come animali, rinchiudendoli semplicemente per aver scritto o detto qualcosa che non gli piace. È una dimostrazione estrema di debolezza e arbitrarietà.

Questa vicenda sembra legata anche ad una riscrittura della storia algerina, in particolare per quanto riguarda il Decennio Nero…

Dobbiamo essere solidali con gli scrittori o i giornalisti incarcerati per i loro scritti, indipendentemente dal fatto che ci piaccia o meno quello che scrivono. La loro carcerazione o la loro calunnia (nel caso di Kamel Daoud) rappresenta un insulto alla civiltà per il quale troppi hanno espresso un certo compiacimento perché, per entrambi, sono scrittori liberi che hanno rifiutato qualsiasi mandato di comparizione.

Di fronte a uno Stato che è diventato negazionista della sua storia, preferendo perseguitare gli intellettuali piuttosto che affrontare le verità sul proprio patrimonio, solo la massima fermezza è accettabile.

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