Elezioni legislative e tassazione dei redditi patrimoniali: è urgente non fare nulla!

Elezioni legislative e tassazione dei redditi patrimoniali: è urgente non fare nulla!
Elezioni legislative e tassazione dei redditi patrimoniali: è urgente non fare nulla!
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Le preoccupazioni dei contribuenti ricchi crescono con l’avvicinarsi del primo round. Tuttavia, agire frettolosamente in previsione di un potenziale ritorno alla scala progressiva rischia di rendere loro un disservizio. Spiegazioni.

Appena arrivata al potere, l’attuale maggioranza ha cambiato radicalmente la tassazione dei redditi patrimoniali: dal 1° gennaio 2018, i redditi passivi (dividendi, interessi e plusvalenze derivanti dalla vendita di titoli) sono ora soggetti a un’imposta forfettaria sul reddito del 12,8% (in sostituzione della tassazione sulla scala progressiva dell’imposta sui redditi la cui aliquota marginale raggiunge il 45%) a cui si aggiunge un debito contributivo del 17,2%, ovvero un’imposizione totale del 30% (comunemente chiamata “flat tax”).

Tassazione dei redditi da ricchezza

Nell’ambito della campagna per le elezioni legislative anticipate, la questione della tassazione dei redditi patrimoniali è centrale. Così il Nuovo Fronte Popolare propone l’istituzione di una scala progressiva di 14 scaglioni con aliquote fino all’85% per i redditi più alti nonché l’eliminazione della flat tax sui redditi patrimoniali (che verrebbe reintegrata nella scala progressiva dell’imposta sui redditi ); il Raduno Nazionale ha discusso anche dell’abolizione della flat tax con la tassazione dei redditi passivi secondo la scala progressiva dell’imposta sui redditi; Infine, la maggioranza presidenziale, anche se non intende tornare alla flat tax, ha annunciato di voler modificare la tassazione di alcune plusvalenze, in particolare sui riacquisti di azioni proprie, stabilendo un’aliquota fiscale progressiva in base alla durata della proprietà. di quest’ultimo.

Quindi, qualunque sia la maggioranza che emergerà dalle prossime elezioni, la tassazione dei redditi da patrimonio potrebbe essere profondamente modificata, in particolare con misure più sfavorevoli per i redditi alti, e ciò non appena sarà pubblicata una legge finanziaria modificativa per il 2024 che potrebbe essere votata acceso in estate. A queste ultime potrebbero aggiungersi le misure previste dalla legge finanziaria per il 2025 che sarà adottata nel dicembre 2024.

Anticipo fiscale

Di fronte a questa incertezza, cresce la preoccupazione dei contribuenti che sono tentati di effettuare massicce distribuzioni di dividendi o trasferimenti di titoli nella speranza che effettuare tale operazione prima della modifica del regime fiscale dei redditi patrimoniali permetta di conservare il beneficio della flat tax. Questa tentazione è tanto più forte in quanto l’attuale tassazione dei dividendi suggerisce che il pagamento dell’imposta avvenga al momento della distribuzione e non durante la dichiarazione annuale dei redditi.

Infatti, al momento della distribuzione dei dividendi, la società pagatrice trattiene dal dividendo pagato la flat tax del 30%, che versa direttamente all’Erario nel mese successivo alla distribuzione. Durante la dichiarazione annuale dei redditi, il contribuente dichiara l’importo del dividendo percepito nonché la ritenuta d’acconto versata: essendo quest’ultima pari all’imposta dovuta, nessuna imposta aggiuntiva è quindi a carico del contribuente.

È però fondamentale ricordare che tale versamento costituisce unicamente un acconto d’imposta e non costituisce, in nessun caso, liberatorio del pagamento di quest’ultima. Concretamente, un contribuente che riceve dividendi nel luglio 2024 vedrebbe una ritenuta del 30% al momento del pagamento di tale dividendo. Tuttavia, se la nuova maggioranza decidesse di tassare questo dividendo secondo la scala progressiva dell’imposta sul reddito (attuale aliquota marginale del 45%) alla quale si aggiungerebbero contributi previdenziali pari al 17,2%, allora il contribuente potrebbe essere costretto a pagare un saldo d’imposta corrispondente alla differenza tra l’imposta finale e la ritenuta d’acconto pagata, il pagamento anticipato della ritenuta d’acconto non lo libera dai suoi obblighi fiscali. Tale situazione è la conseguenza della cosiddetta “piccola retroattività” della normativa fiscale. Concretamente, l’evento imponibile per l’imposta sul reddito è fissato al 31 dicembre dell’anno. Inoltre, la tassazione si basa sulle norme fiscali applicabili al 31 dicembre e non su quelle applicabili il giorno in cui viene percepito il reddito.

Danno collaterale

Urge quindi attendere e non portare avanti frettolosamente operazioni che non solo non saranno immuni da un’eventuale abolizione della “flat tax”, ma potrebbero avere effetti collaterali negativi sul piano fiscale. Infatti, e anche se nessuna delle parti si è espressa su tale questione, esiste attualmente un contributo eccezionale sui redditi alti (CEHR) all’aliquota marginale del 4% che si basa sul reddito fiscale annuo di riferimento del contribuente (ovvero il totale del reddito annuo percepito) e il cui tasso potrebbe essere rivisto al rialzo anche nel quadro di una legge finanziaria di modifica per il 2024.

In questo scenario, i contribuenti che hanno effettuato massicce distribuzioni di dividendi nel 2024, oltre a doversi confrontare con un regime fiscale più sfavorevole dell’attuale flat tax, potrebbero vedere esplodere l’importo del loro CEHR a causa di un’imposta di riferimento sul reddito aumentata inutilmente dell’importo delle distribuzioni. Oltre ad aver svuotato per niente le casse delle loro aziende, i contribuenti, inoltre, vedrebbero le somme così reintegrate nel loro patrimonio privato potenzialmente assoggettabile all’Isf in caso di sua restituzione, altro elemento fiscale della campagna elettorale legislativa. Pianificazione fiscale intelligente e fretta non vanno d’accordo.

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