La Corte di Cassazione ha reso un'interessante sentenza il 6 novembre 2024 (Cass. soc., 6-11-24, n°22-21966) sulle conseguenze, in termini retributivi, della presenza di giorni festivi non lavorativi in durante un periodo in cui i dipendenti sono posti in attività parziale.
In questo caso un datore di lavoro appartenente al settore della ristorazione collettiva pone i dipendenti in attività parziale a causa della pandemia da Covid 19. Nel periodo di 4 giorni (escluso il 1È maggio) erano disoccupati ai sensi del contratto collettivo applicabile all’azienda.
Un sindacato si rivolge al tribunale per ordinare al datore di lavoro di pagare la normale retribuzione ai dipendenti, per i giorni solitamente liberi in azienda, in base a una disposizione del contratto collettivo applicabile.
Al datore di lavoro veniva contestato di aver corrisposto, per le giornate contestate, solo il 70% della retribuzione antecedente l'attività parziale, in applicazione delle norme previste per l'attività parziale.
In appello, il datore di lavoro è condannato a versare ai dipendenti interessati un arretrato corrispondente al 100% della loro retribuzione contrattuale. Ha quindi proposto ricorso per cassazione.
Il datore di lavoro sostiene in cassazione che, in virtù della norma sul mantenimento della retribuzione per i giorni festivi non lavorativi prevista dall'articolo L 3133-3 e delle norme sull'indennità per attività parziale previste dagli articoli L 5122-2 e R 5122-18 , in caso di collocamento in attività parziale, la retribuzione dei dipendenti per i giorni festivi non lavorativi deve essere pari al 70% della retribuzione prima del collocamento in attività parziale, e non al 100% del compenso contrattuale, come ha stabilito la corte d'appello.
La Corte di Cassazione non accoglie la tesi del datore di lavoro e dà quindi ragione ai giudici di merito.
Lei lo sostiene quando un lavoratore è posto in posizione di attività parziale, l'orario di lavoro festivo dà diritto ad una retribuzione oraria, a carico del datore di lavoro, corrispondente ad una parte della sua retribuzione precedente, la cui percentuale è fissata con decreto del Consiglio di Stato, mentre normalmente i giorni festivi non lavorativi non rientrano nell'attività parziale, tanto che il datore di lavoro deve garantire la corresponsione della retribuzione abituale ai dipendenti con almeno tre mesi di anzianità in azienda
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La Corte di Cassazione conferma così la sentenza della Corte d'Appello e respinge il ricorso del datore di lavoro.
Come conseguenza pratica di questa norma, i giorni festivi normalmente non lavorativi in un'azienda o in uno stabilimento vengono retribuiti come giorni lavorativi.
Se i dipendenti vengono posti in attività parziale, durante un periodo che comprende giorni festivi non lavorativi, il datore di lavoro deve, in termini di retribuzione, considerarli come giorni lavorativi normali, quindi retribuirli per intero, e non come giorni non lavorativi compensati attività parziale.
La soluzione sembra logica, nella misura in cui, al di fuori di ogni ipotesi di attività parziale, quando i giorni festivi sono normalmente non lavorativi, i dipendenti con almeno 3 mesi di anzianità non devono subire alcuna perdita di retribuzione (art. L 3133-3) . Nel caso di specie, attività parziale o meno, i dipendenti non avrebbero lavorato durante i giorni controversi e sarebbero comunque stati retribuiti normalmente, ai sensi della legge e del contratto collettivo ad essi applicabili.
Questa sospensione serve quindi a ricordare il trattamento da riservare ai giorni festivi non lavorativi, che vengono retribuiti come giorni lavorativi abituali.
La sentenza della Corte d'Appello è stata tuttavia ribaltata su un punto, che consisteva nell'accogliere favorevolmente la richiesta del sindacato di pagamento delle retribuzioni arretrate per le giornate contestate. La Corte di Cassazione ricorda che la regolarizzazione della situazione dei dipendenti è un atto che li riguarda personalmente. Un sindacato non ha il potere di richiedere la retribuzione arretrata al posto dei dipendenti.
I dipendenti dovranno quindi reclamare individualmente le loro quote.