“La guerra, dal punto di vista di chi la vive, si misura in giorni. Ogni mattina corriamo al telefono per vedere quale città è stata bombardata, per avere notizie dai nostri cari, per verificare se abbiamo ricevuto un ordine di mobilitazione. Quando si vive alla giornata è molto difficile programmare una vacanza, un viaggio, immaginare il momento in cui si potrà tornare a respirare normalmente. All’inizio del conflitto, Volodymyr Zelenskij aveva menzionato “un giorno senza fine”. Siamo al millesimo traguardo.
➤ Stai leggendo la Lettera della Redazione di Rivista di filosofia. Per riceverlo direttamente nella tua casella di posta, iscriviti! Questo notiziario è giornaliero e gratuito.
La massiccia invasione dell’Ucraina da parte della Russia raggiungerà le sue mille e una notte. Ma non siamo in un racconto orientale. Se la paragoniamo alla Prima Guerra Mondiale, oggi saremmo nell’aprile del 1917 (data dell’entrata in guerra degli Stati Uniti). Rispetto alla seconda, nel maggio 1942, quando fu annunciata una svolta a favore degli Alleati. Nel 2024 non ci sono buone notizie in agenda. Al contrario, le stelle sembrano allinearsi per puntare un cannone puntato sull’Ucraina. Donald Trump congelerà forse il conflitto a scapito del paese aggredito. Il cancelliere tedesco denuncia l’aggressore, come se si potesse negoziare con un colpevole. I russi avanzano, terrorizzando i civili ovunque e bombardando ciò che resta delle infrastrutture elettriche. Per quanto riguarda autorizzazione dato da Joe Biden utilizzare i missili americani per colpire il territorio russo è tardivo e puramente difensivo: non cambierà radicalmente la dinamica attuale.
Ho appena trascorso due settimane in Ucraina, dall’ovest, che seppellisce ogni giorno i suoi volontari, all’est, che subisce il martirio. I miei interlocutori mi hanno parlato di una maratona che non hanno il diritto di abbandonare pena la scomparsa, la delusione verso l’Occidente, la solitudine, la rabbia. Si dice che siano stanchi. Lo sono? E se riescono a resistere, quali convinzioni li muovono? Vi racconterò più presto cosa mi hanno risposto. Nel frattempo, ho pensato ai nostri filosofi che, anche loro, hanno sopportato conflitti senza limiti. Ho letto un testo che Henri Bergson è stato scritto non nel millesimo ma nel centesimo giorno della Prima Guerra Mondiale. Mi ha colpito per la sua sicurezza, che non è dovuta solo ad un sentimento patriottico, ma ad un’analisi delle forze presenti. Bergson fa un confronto “la forza che si consuma e quella che non si consuma” (Scritti filosoficiPUF, pag. 439). Su questa base afferma che “L’esito non è in dubbio: la Germania soccomberà”mentre il suo potere materiale è maggiore di quello della Francia. Come la Russia oggi. Ora, continua Bergson, se la Germania ha soldi, “il suo credito sta diminuendo e non vediamo dove potrebbe prendere in prestito”. Inoltre, proprio come ancora una volta la Russia, “la guerra, così come è praticata, provoca uno spaventoso consumo di uomini”. La Francia, al contrario, “rinforza i suoi eserciti con tutto ciò che gli portano i suoi alleati [et] può contare, perché la sua causa è quella dell’umanità stessa, sulla simpatia sempre più attiva del mondo civilizzato”.
Ma il fattore decisivo, secondo Bergson, è “energia morale”, Chi “non è sorretto che da qualche ideale a loro superiore, più forte di loro, al quale si aggrappano saldamente quando sentono vacillare il loro coraggio”. Lo sapeva solo la Germania di allora “il culto della forza bruta”, “la sua forza morale è solo la fiducia che gli ispira la sua forza materiale”. Potremmo ovviamente qualificarci, confrontare, ricordare che la Russia ha trovato degli alleati, e questo è ciò che accade leader cerca di ispirare in lui un travagliato impulso messianico. Ciò che Bergson scrive sullo stato d’animo francese batte tuttavia nel cuore della stragrande maggioranza degli ucraini: “L’energia dei nostri soldati è sospesa su qualcosa che non si consuma, su un ideale di giustizia e libertà. Il tempo non ha presa su di noi”. Né sembra esaurire gli ucraini, nemmeno dopo mille giorni di sofferenza. Le persone che ho incontrato sono ben consapevoli del fatto che la loro lotta per la liberazione dall’ex impero russo durerà probabilmente a lungo. Ma sanno anche, quando paragonano l’oscuro revanscismo russo alla loro incrollabile idea nazionale, che, come conclude Bergson, “questo ucciderà quello”. Speriamo solo, questo inteso, che questo dia anche a noi la forza di ammirarli e soprattutto di sostenerli. »