Il verdetto è caduto per Bah Diakhate e l’Imam Cheikh Tidiane Ndao

Il verdetto è caduto per Bah Diakhate e l’Imam Cheikh Tidiane Ndao
Il verdetto è caduto per Bah Diakhate e l’Imam Cheikh Tidiane Ndao
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Questo lunedì, 3 giugno 2024, il tribunale per flagranza di reato ha emesso il suo verdetto nel processo contro l’attivista Bah Diakhate e l’Imam Cheikh Tidiane Ndao. I due imputati sono stati assolti dall’accusa di reati contro chi esercita in tutto o in parte le prerogative del Presidente della Repubblica. Tuttavia, sono stati giudicati colpevoli di aver diffuso notizie false.

Il tribunale ha condannato Bah Diakhate e l’Imam Cheikh Tidiane Ndao a una pena detentiva di tre mesi, accompagnata da una multa di 100.000 franchi CFA ciascuno. La corte ha ritenuto entrambi gli uomini colpevoli di aver diffuso notizie false.

Le prime accuse riguardavano insulti nei confronti del primo ministro. Bah Diakhate aveva pubblicato due video che accusavano il primo ministro di una presunta relazione omosessuale, mentre l’imam Cheikh Tidiane Ndao aveva trasmesso un elemento audio contenente commenti ritenuti offensivi. Le accuse si basavano sugli articoli 254 e 255 del codice penale senegalese.

L’articolo 254 tratta dell’oltraggio al Presidente della Repubblica e prevede la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 100.000 a 1.500.000 franchi CFA per chiunque offenda chi esercita le prerogative del Presidente. L’articolo 255 riguarda la diffusione di notizie false, punite con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 100.000 a 1.500.000 franchi CFA se danneggiano la popolazione o le istituzioni pubbliche.

Durante l’udienza del 27 maggio, Bah Diakhate ha espresso il suo sostegno al presidente Macky Sall e all’APR, menzionando accuse contro Ousmane Sonko, basate su foto e documenti. L’imam Cheikh Tidiane Ndao aveva dichiarato di non aver mai incontrato Macky Sall e negato qualsiasi coinvolgimento politico, affermando che i suoi commenti su Ousmane Sonko provenivano da dichiarazioni pubbliche e rapporti disponibili online. Ha contestato anche le condizioni del suo interrogatorio, sostenendo di essere stato costretto a firmare documenti senza la presenza dei suoi avvocati.

Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a sei mesi di reclusione e una multa di 100.000 franchi CFA per ciascuno degli imputati, nonché la rimozione dei commenti incriminanti dalle piattaforme online. Infine, il tribunale ha condannato a tre mesi di reclusione e a una multa di 100.000 franchi CFA per diffusione di notizie false.

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