Dialogo intermaliano per la pace e la riconciliazione nazionale: la scommessa vincente di Assimi

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Discorso di Sua Eccellenza il Colonnello Assimi Goïta Presidente del Capo di Stato transitorio in occasione della cerimonia di chiusura del dialogo intermaliano per la pace e la riconciliazione nazionale

Dopo la chiusura del dialogo intermaliano per la pace e la riconciliazione nazionale, le cose si stanno muovendo rapidamente. Lunedì 13 maggio 2024, il Colonnello Assimi Goïta, Presidente della Transizione, Capo dello Stato, ha ricevuto le conclusioni di queste consultazioni nazionali. Il passaggio di consegne è avvenuto nel corso di una solenne cerimonia a Koulouba. Erano presenti esponenti del governo, delle istituzioni della Repubblica, governatori regionali. I membri del comitato direttivo del dialogo intermaliano, i delegati delle regioni e i rappresentanti dei maliani stabiliti all’estero hanno sottolineato con la loro presenza questa cerimonia.. Il presidente della transizione ha già la sua scommessa, quella di avviare un dialogo franco e sincero tra i maliani.

Ricordiamo che il dialogo intermaliano ha prodotto 300 raccomandazioni e non un animale selvatico chiamato “asino impacchettato”. Queste 300 proposte sono tutt’altro che eccentriche perché provengono dal cuore dei maliani indipendentemente dal loro rango, funzione, status, professione, categoria socio-etnica o caratteristiche linguistiche e culturali. Ecco quali sono i dati oggettivi da correlare per provenienza (appartenenza ad uno spazio geografico sul territorio nazionale) e origine sociale (attributi degli ascendenti) e occupazione attuale o identificazione con un’organizzazione, struttura, servizio o istituzione. Si tratta di studi di post-produzione che devono seguire il dialogo, migliorarlo, affinarlo, purificarlo e raccoglierne la sostanza razionale da formalizzare e sottoporre a validazione.

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In attesa dell’inizio di questo lavoro da parte di accademici ed esperti di comunicazione (marketing politico, restyling sociomediale, restyling, ecc.), alcuni trovano facile rendere ridicolo il lavoro approfondito che è stato fatto sul corpus chiamato “società maliana malata di i suoi politici e la loro cultura importata”. Bisogna dimenticare che gli antenati non sono riusciti a decolonizzarci mantenendoci nei vincoli della dominazione e dell’assimilazione occidentale. Fonti fertili dove si nutrono i nostri complessi sepolti nelle profondità dell’inconscio “esso” e la nostra provata alienazione da tutto ciò che non siamo noi. A costo di questo rifiuto della nostra eredità, i maliani hanno voluto sottoscrivere una migliore e maggiore decolonizzazione della metropoli, delle sue centrali elettriche e delle sue agenzie. Che male c’è nel liberarti di ciò che non ti si addice più quando hai sempre creduto che un giorno sarebbe potuto andarti bene?

Da buoni consumatori razionali, il popolo maliano ha quindi dato la propria voce per innalzare l’inno della nazione al suo culmine, nel ben compreso interesse del nostro motto comune: “Un popolo – Un obiettivo – Una fede”. Il primo presidente del Mali ebbe questa possibilità di spingere al limite la decolonizzazione, anche se non inclusa o avviata, solo al momento della concessione dell’indipendenza dell’Africa occidentale, ancor meno al momento della fondazione dell’OUA il 25 maggio 1963 ad Addis Abeba. Aveva cominciato bene ma era finito male, essendo stato impedito nello stesso momento in cui il popolo, negli anni 67-68, mostrava, come oggi, la sua insofferenza e il suo stufo di tante carenze accanto ai miglioramenti, ai successi e alle conquiste. registrato.

Fatta eccezione per questo evento avvenuto ieri, già 56 anni fa, e dopo questa 47a edizione della commemorazione della sua misteriosa scomparsa, c’è motivo di dire che i maliani si sono capiti e soprattutto e hanno finalmente capito dove si trova il Padre della Patria li ha voluti assumere a partire dal 22 settembre 1960, data della proclamazione della nostra esistenza come nuovo Stato.

Ci rendiamo conto che le stesse condizioni eccezionali che hanno permesso ai maliani di riunirsi nei momenti critici della loro Storia hanno presieduto a queste situazioni superate che hanno permesso loro di riprendere il controllo di se stessi e di impegnarsi risolutamente per la realizzazione del proprio destino (“fedeli al tuo destino, noi tutti uniti”, in Mali, inno nazionale). Così è stato creando la Repubblica del Mali, passando alla 2a e poi alla 3a Repubblica del Mali e, infine, con le consultazioni nazionali del 2020, la Conferenza nazionale di Rifondazione del 2022, il referendum del 18 giugno 2023 e l’inter -Dialogo maliano da aprile-maggio 2024. I cittadini del Mali sono sempre stati una massa critica, una minoranza importante perché rappresentativa e un buon campione capace di parlare a nome di tutto il popolo ed esprimere preoccupazioni e preoccupazioni, desideri e rimostranze di queste stesse persone. Questione di statistica se si calcola il peso della variabile sospetta nella sua covarianza, per adeguare la sua “negazione di legittimità” al corpo sociale costituito da un’augusta assemblea di personalità e cittadini invitati a dialogare, discutere, scambiare, chiacchierare , riacquistare la lingua, riconciliarsi, fare pace davanti a testimoni, tenersi per mano, baciarsi, lamentarsi, uscire e ritornare insieme per simpatizzare ancora o più. Questo guadagno è minimo agli occhi dei critici del Dialogo perché è troppo immateriale per la loro comprensione. È un peccato !

KML

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