Il premio Samuel Paty sulla laicità ci permette di “dimostrare che non siamo rinunciatari”, spiega l’associazione degli insegnanti di storia e geografia

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Dopo l’assassinio di Samuel Paty è stato creato un premio a suo nome per premiare progetti educativi legati a principi e valori democratici.

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Pubblicato il 19/10/2024 17:06

Tempo di lettura: 2 minuti

type="image/avif">>Una foto di Samuel Paty durante la cerimonia di premiazione >>
Una foto di Samuel Paty durante la cerimonia di premiazione del premio “Samuel Paty”, organizzata dall’Associazione degli insegnanti di storia e geografia (APHG), all’Università della Sorbona a Parigi il 19 ottobre 2024. (BERTRAND GUAY/AFP)

Con il Premio Samuel Paty, consegnato ufficialmente nel pomeriggio di sabato 19 ottobre ai vincitori alla Sorbona di Parigi, “cerchiamo di dimostrare che non rinunciamo”spiega su franceinfo Christine Guimonnet, segretaria generale dell’associazione degli insegnanti di storia e geografia.

Questo premio, in memoria dell’insegnante assassinato nel 2020, è organizzato dall’associazione per premiare i progetti di classe incentrati su “principi e valori democratici”. Questi progetti possono assumere varie forme, come un affresco, una sfilata di moda o la traduzione della carta della laicità in più lingue. Quest’anno le tre classi vincitrici appartengono ad una scuola di Ezanville (Val-d’Oise), una scuola media ad Agen (Lot-et-Garonne) e una scuola superiore a Tours.

Questi progetti “sono lì per dimostrare che gli studenti lavorano, pensano, interrogarsi, che cerchino di comprendere il campo storico, sociale, culturale della laicità”spiega il professore. “Il risultato del loro lavoro comune è particolarmente fruttuoso ed è a questo che serve la scuola”, lei esulta. I progetti sviluppati nell’ambito del premio Samuel Paty lo consentono “dimostrare concretamente la propria intelligenza”.

Christine Guimonnet parla della sua vita quotidiana come insegnante e lo nota “Forse ci sono più domande rispetto a prima, quando eravamo alle medie” su questioni di laicità. “Dobbiamo spiegare agli studenti perché la scuola è l’unico luogo dove non dobbiamo indossare abiti religiosi, perché lo studente, pur avendo la sua fede o la sua assenza di fede, non deve scomparire dietro al credente”dice.

“A scuola c’è una sorta di respiro secolare in cui ci decentriamo per lavorare su elementi comuni, conoscenze, e insegniamo conoscenze, non credenze”,

Christine Guimonnet, segretaria generale dell’associazione degli insegnanti di storia e geografia,

su franceinfo

Lei spiega “essere più vigili” di prima finché gli studenti non hanno capito. Evidenzia le risorse a disposizione degli insegnanti per la formazione, come la lettura o “videocapsule”. L’“autoformazione personale” Est “cruciale” auto “un insegnante scientificamente molto solido sarà sempre meglio attrezzato per poter rispondere alle domande degli studenti”lei crede. Sottolinea inoltre il “solidarietà” della gerarchia e dei professori dell’istituto con gli insegnanti “di fronte a un problema”.


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