L’Apprendista di Ali Abbasi dipinge il ritratto di un giovane Donald Trump sotto l’influenza di un mentore.
È la storia di un patto faustiano. Roy Cohn, l’avvocato che aiutò McCarthy durante la caccia alle streghe e contribuì all’esecuzione dei Rosenberg, notò il giovane Trump negli anni ’70. All’epoca era un povero ragazzo sulla trentina che riscuoteva l’affitto non pagato per suo padre. Ha ambizioni ma non le spalle. Ed è proprio Cohn che gliele darà insegnandogli tre regole. Regola numero 1: “Attaccare sempre”. Regola numero 2: “Nega sempre quando qualcuno ti accusa”. Regola n.3: “Afferma di essere il vincitore, anche quando sei battuto”.
Come Trump è diventato Trump
Con questo credo, Trump salirà la scala e diventerà la persona arrogante che conosciamo e che alla fine si libererà del suo mentore quando non avrà più bisogno di lui. Scegliendo di intitolare il suo film come il reality show che Trump ha presentato per anni, Ali Abbasi (Le notti di Mashhad, 2022) sta ribaltando la situazione. È Trump l’apprendista. Ma il ritratto che dipinge il regista danese di origini iraniane non è quello di un bravo studente, piuttosto di un somaro che si crede il primo della classe. Che il suo film esca nel bel mezzo della campagna presidenziale non è insignificante. Si tratta di un’accusa contro l’ex (e forse futuro) presidente americano. Un uomo ignorante, violento con le donne, sprezzante con gli uomini. E pessimo negli affari. Sebastian Stan interpreta Trump senza cadere nella caricatura, Jeremy Strong interpreta un affascinante Roy Cohn. E questo è forse l’unico difetto del film. Nel conflitto che alla fine contrapporrà queste due personalità, il film presenta l’avvocato come una vittima. Quando è il diavolo in persona.
l’Apprendista ★★★✩
Regia di Ali Abbasi. Con Sebastian Stan, Jeremy Strong, Maria Bakalova – 120′.
