La Nuova Caledonia potrebbe sperimentare un nuovo ciclo di violenza, assicura René Dosière nella sua intervista a “Point”

La Nuova Caledonia potrebbe sperimentare un nuovo ciclo di violenza, assicura René Dosière nella sua intervista a “Point”
La Nuova Caledonia potrebbe sperimentare un nuovo ciclo di violenza, assicura René Dosière nella sua intervista a “Point”
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Ll 13 aprile due cortei hanno marciato, senza incontrarsi, a Nouméa. Da una parte 30.000 separatisti, dall’altra 25.000 contrari all’indipendenza della Nuova Caledonia, su una popolazione di 270.000 abitanti! Gli animi si stanno surriscaldando da diverse settimane, in un contesto di crisi economica, a causa del progetto di legge costituzionale sull’elettorato, discusso il 13 maggio al Palais-Bourbon. Dalla firma dell’Accordo di Nouméa nel 1998, solo i cittadini della Nuova Caledonia hanno diritto di voto a livello locale quando soddisfano tre condizioni cumulative: essere iscritti nelle liste elettorali generali (le stesse della Francia metropolitana), risiedere per dieci anni in Nuova Caledonia ed essere iscritto nelle liste elettorali allegate istituite nel 1988.

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È proprio quest’ultima disposizione ad essere presa di mira: se il disegno di legge verrà adottato, chiunque potrà partecipare alle elezioni amministrative anche se iscritto in questa lista dopo il 1988 (ma sempre con almeno dieci anni di residenza). Uno sviluppo dalle molteplici conseguenze che René Dosière, ex relatore sullo status della Nuova Caledonia all’Assemblea, riesce a decifrare. “Il voto, probabile e necessario, non basterà”, assicura l’ex deputato. Se la questione non verrà affrontata nuovamente, i separatisti potrebbero boicottare le prossime elezioni e la Caledonia ricadrà in un ciclo di violenza. Non commettere errori, questa è una questione delicata ed esplosiva. »

Punto :Perché il sistema elettorale precedentemente in vigore in Nuova Caledonia è obsoleto?

René Dosière: Questa disposizione è stata ratificata dagli accordi Matignon-Oudinot nel 1988. Memori della loro storia e delle passate pratiche coloniali, i Kanak hanno chiesto allora la garanzia di non essere più emarginati dall’arrivo massiccio di nuovi elettori metropolitani, cosa che ottengono con questo diritto voto riservato alle persone con dieci anni di residenza. Questa condizione è inclusa nell’accordo di Nouméa e inclusa nel titolo XIII (provvisorio) della Costituzione, perché si discosta dalle consuete disposizioni elettorali. Ma i suoi effetti sono stati sottovalutati.

Oggi, 43.000 persone, ovvero un quinto degli iscritti alle liste generali – che partecipano alle elezioni nazionali – non possono votare per eleggere i membri delle tre assemblee provinciali e i rappresentanti eletti del Congresso, anche se pagano le tasse e i contributi sociali caledoniani. Questo è ciò che chiamiamo elettorato “congelato”. Il progetto del governo procede con il “disgelo”, eliminando il riferimento al 1998 per le prossime elezioni, pur mantenendo la condizione di dieci anni di residenza per ottenere il diritto di voto. L’elettorato sarà “scongelato” e diventerà “scivoloso”.

Qual è la conseguenza di questo “scivolone”?

Offrirà il diritto di voto a 25.800 nuove persone, kanak ed europei, di cui 12.441 nati nel territorio. Rimarranno escluse 17mila persone insediate da meno di dieci anni. Questo testo metterà fine a situazioni assurde, come quella di questa coppia mista in cui la donna Kanak aveva diritto di voto mentre il marito europeo, arrivato nel territorio ventidue anni fa, non lo aveva.

Inoltre, come ha sottolineato il Consiglio di Stato, l’elettorato “congelato” rischia di scomparire nel tempo (e di morire) per mancato rinnovamento, perché vi possono entrare solo i bambini. Questa particolare disposizione era tuttavia provvisoria perché limitata alla durata dell’accordo di Nouméa. Quest’ultimo però è stato completato dal 2021, come riconosciuto dal Consiglio di Stato. Da questa data spetta ai partner locali e allo Stato elaborare un nuovo accordo che fino ad oggi non sono riusciti a concludere.

Tre ex primi ministri (Jean-Marc Ayrault, Manuel Valls e Édouard Philippe) hanno espresso la loro preoccupazione per il rischio di un ritorno delle violenze tra separatisti e lealisti che l’esame parlamentare di questo testo dà luogo. Condividi le loro preoccupazioni?

Quando leggo le osservazioni radicali di alcuni indipendentisti, secondo cui questo testo mira a “ricolonizzare” la Nuova Caledonia, pur riprendendo una vecchia rivendicazione del loro campo, rimango a dir poco perplesso sul loro rapporto con la realtà. Ciò è tanto più sorprendente in quanto il numero di persone che lasciano la Caledonia è maggiore di quello dei nuovi arrivati, e questo è il caso ogni anno dal 2017. Si tratta di un fenomeno unico e nuovo nella storia della Caledonia.

Il governo non sembra abbastanza coinvolto in questa vicenda?

Il dialogo dei separatisti con il ministro degli Interni, incaricato di questo tema, si è interrotto, il che evidenzia gli errori di analisi del governo. Dall’epoca di Rocard, la Nuova Caledonia era diventata il “dominio riservato” del Primo Ministro, ma non è più così dopo la partenza di Édouard Philippe. Questo è un errore, perché la visione più globale di Matignon si adatta meglio alle realtà della Nuova Caledonia rispetto alla visione politica e di sicurezza del Ministero degli Interni, come oggi.

Alla crisi economica, legata a quella del nichel, sommata alla crisi politica, la situazione in Caledonia sta diventando pericolosa. È urgente che il Primo Ministro Gabriel Attal si occupi della questione caledoniana, ristabilisca l’imparzialità dello Stato e prenda iniziative che permettano il ritorno al dialogo. Questa è la condizione per lo sviluppo consensuale di un nuovo accordo che garantisca il futuro della Nuova Caledonia.

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