#MeToo Teatro, intermittenza, tagli al budget, Iran… Una 35esima Notte di Molières più politica che mai

#MeToo Teatro, intermittenza, tagli al budget, Iran… Una 35esima Notte di Molières più politica che mai
#MeToo Teatro, intermittenza, tagli al budget, Iran… Una 35esima Notte di Molières più politica che mai
-

ERAVAMO LÀ – Presentata senza troppe finezze dalla comica Caroline Vigneaux, questa cerimonia che si è tenuta alle Folies Bergère ha ripercorso tutti i mali che affliggono lo spettacolo dal vivo.

Non è facile essere felici quando stai male! Il titolo della commedia di Rudy Milstein attualmente trionfante al Théâtre Lepic riassume bene la situazione dello spettacolo dal vivo, vittima collaterale del calo di crediti di 204,3 milioni di euro del Ministero della Cultura e bloccato, come il cinema, nel movimento #MeToo. Contro la sfortuna, la 35esima Nuit des Molières, trasmessa in differita di una quarantina di minuti su France 2 dalle Folies Bergère – non si è mai abbastanza attenti – è iniziata in pompa magna. Proprio con la musica dei Vigili del Fuoco di Parigi e i titoli di coda dello spettacolo “Champs-Élysées”, come un’incursione dal vecchio mondo nel nuovo. Caroline Vigneaux, la maestra di cerimonie, che a quanto pare non teme il simbolo, tiene in mano la grancassa. Sarebbe mancata leggerezza a questa cerimonia? Oppure sarebbe quello del “riconciliazione” come ama descriverlo Sophia Aram, che sogna una ricucitura “Rachida Dati e Kebab, il cane di Gabriel Attal”.

In questa serata dedicata alla memoria di Bernard Pivot, l’attuale inquilino di rue de Valois non si è affrettato a intervenire. “Grazie a tutti tranne al Ministro. Da noi recuperi i 204 milioni di euro, l’intermittenza non la tocchi. E ti rilasceremo in tempo per il municipio di Parigi!” ha scherzato Caroline Vigneaux, che succede ad Alexis Michalik in questa delicata arte di animare Les Molières. Un esercizio che richiede una certa eloquenza. All’ex avvocato non manca di certo. Solo che si mette al servizio di un benpensante doloroso, di una doxa falsamente trasgressiva, dando ragione a Philippe Muray quando, da visionario, scrive: “Il nostro tempo è così consumato dalle buone intenzioni, così desideroso di fare il bene, che vede il male ovunque”.

Così l’ex avvocato, riorientato verso l’umorismo, rende omaggio alla memoria di Joséphine Baker che iniziò la sua carriera alle Folies Bergère quasi un secolo fa. Lei difende il leader della rivista accusato di essere volgare, se non osceno, accusato di cantare anche approssimativamente nella lingua di Molière. Ed è felice di essere ora entrata nel Pantheon. E per aggiungere: “Almeno sappiamo dove finirà Aya Nakamura.”

“Che buffoneria!”

Ritorno a teatro? Non proprio. O almeno, non ancora. La caduta davanti a Emmanuel Macron da parte del tuffatore Alexis Jandard è stata, lo ammettiamo, piuttosto divertente. Da lì, vedere una sala alzarsi ad applaudirlo è uno spettacolo molto strano. Come un prematuro trionfo dei bloopers che allietano le televisioni nei periodi di vacanze di fine anno. “Che buffoneria!”esclama il mio vicino guardando le grucce.

Contro ogni aspettativa, almeno senza rispetto di un ordine se non formale almeno consueto, il primo dei diciannove premi viene assegnato al miglior attore in uno spettacolo teatrale privato. Il merito va a Vincent Dedienne per la sua favolosa interpretazione nei panni di un Fadinard volteggiante, in Il Cappello di Paglia d’Italia diretto da Alain Françon al Théâtre de la Porte Saint-Martin. È vietato usare la parola “grazie”. Una legge varata da Caroline Vigneaux. L’attore dichiara quindi il suo amore al suo regista e nel modo più bello. Avrebbe voluto che questo spettacolo non accadesse mai perché provava così tanto piacere nel ripeterlo. Per quanto riguarda il teatro pubblico, Micha Lescot è stato preferito a Charles Berling, Laurent Lafitte (che ha appena annunciato la sua partenza dalla Comédie-Française) e Roschdy Zem. Una meritata ricompensa per il suo bellissimo Riccardo II. Sul palco, l’attore ha espresso quanto fosse importante per lui questo premio. Evocando in particolare suo padre, l’attore Jean Lescot che spesso gli ripeteva: “Diventerai un attore quando avrai interpretato Shakespeare.»

Dal Bardo di Avon si passa quasi senza transizione al Molière della commedia. Logicamente si riduce a Non è facile essere felici quando stai male. Rudy Milstein, il suo autore, questa volta con una logica che ci sfugge un po’, riceve anche il Molière come miglior autore francofono vivente contro, in particolare, la drammaturga Yasmina Reza per il suo James Brown indossava i bigodini.

Sophia Aram riceve il Molière per il miglior spettacolo comico. Tanto meglio, stasera è la più divertente. Poi arriva a “comico che non ha bisogno di essere accompagnato perché si chiama Bruno Solo” (dixit Vigneaux) per presentare Molière de la Comédienne in un teatro privato. Nominata sette volte senza mai vincerlo, Cristina Reali è stata finalmente premiata per il ruolo di Blanche Dubois in Un tram dei desideridiretto da Paolina Susini.

Poco prima della consegna del premio, Bruno Solo ha posto la domanda. Ha delle pentole? Non si sa mai se il suo nome apparirà presto in una lista. Neppure un piccolo attacco? Non è un gesto inappropriato? Una mano errante? “No niente, assicura l’attore. Ah sì, truccatore ma l’ho sposato e gli ho dato due figli.» Conclusione della cerimoniera: “Un uomo può quindi avere una vera carriera senza attaccare le donne”. Grancassa… Una sequenza che precede di poco quella del sostegno delle esibizioni dal vivo alla lotta contro la violenza sessista e sessuale, attraverso la trasmissione di un gigantesco trombinoscopio sul quale si legge: “Non sei solo.”

In termini di richieste, un attore dello spettacolo CGT mette in guardia “compagnie teatrali (…) fallite, decine di migliaia di posti di lavoro (…) minacciati”. “È un massiccio piano di licenziamento di cui non dice il nome”, ha detto guardando il ministro della Cultura che, a differenza di Rima Abdul Malak l’anno scorso, non ha parlato. Rachida Dati si era preservata un po’ il sedere pubblicando un video all’inizio della serata in cui lo assicurava “il regime dell’intermittenza (…) doveva essere preservato”.

Francis Huster alla scuola femminile

Anne Roumanoff si fa avanti per premiare il Molière per la regia in uno spettacolo privato. Dopo un’estenuante diatriba sugli eccessi dei social network, ha consegnato il trofeo a Olivier Solivérès per La società dei poeti morti . L’uomo è perseverante: gli ci sono voluti undici anni per produrre questa pièce basata sul film di Peter Weir. Nominata in sei categorie e prodotta al Théâtre Antoine da Jean-Marc Dumontet (che è anche presidente dell’Académie des Molières) ha ricevuto anche il premio per la migliore promessa maschile. Va a Ethan Oliel, un attore dal fascino incredibile di cui senza dubbio si parlerà molto presto.

Zucchinadi Paméla Ravassard e Garlan Le Marteot, l’altro spettacolo attesissimo (sette nomination) esce dalle Folies Bergère con il Molière come migliore attrice in uno spettacolo di teatro pubblico per Vanessa Caihol che è in vantaggio nei voti degli elettori, scusate, Marina Hands, Laetitia Casta e Emmanuelle Bercot.

“Lo amiamo per le stesse ragioni per cui lo odiamo”. Dopo un esercizio di ammirazione che avrebbe meritato qualche ellissi, Éric-Emmanuel Schmitt consegna un Molière onorario a Francis Huster, che non osa chiedere pubblicamente a Rachida Dati l’ingresso di Jean-Baptiste Poquelin nel Pantheon. Ma non era lontano da ciò… In un’invettiva che gli è valsa una standing ovation, l’attore ha comunque elogiato “le vere eroine” opere teatrali di Molière, i suoi personaggi femminili. E citare “Agnès, Elvire, Armande, Célimène, Toinette, Nicole, Dorine” chi ha osato “denunciare e trionfare su questi codardi, Tartufo stupratore, Orgon ipocrita, Arpagon avaro pervertito, Jourdain ossessionato dal denaro e dal sesso, Arnolphe predatore pedofilo, Argan squilibrato e persino Dom Juan assassino senza rimorsi”. Il teatro #MeToo avrebbe quindi quattro secoli…

Nevicareil magico spettacolo di Pauline Bureau tenutosi all’Hill lo scorso dicembre ha ricevuto sia il premio per il pubblico giovane che quello per la migliore creazione visiva e sonora.

La grande sorpresa viene da 4211km di Aïla Navidi, uno spettacolo sull’esilio che riprenderà a settembre al Théâtre Marigny. Questo spettacolo evoca il destino di una famiglia iraniana rifugiatasi in Francia. La famiglia dell’autrice e regista che riceve il premio supremo, il Molière du Théâtre Privé, nonché quello di attrice più promettente per Olivia Paviou-Graham. Aïla Navidi ha colto l’occasione per difendere la causa di Toomaj Salehi, il rapper 33enne condannato a morte in Iran e diventato uno dei portavoce del movimento di protesta “Donne, Vita, Libertà”.

Infine, come ogni anno, Jean-Marc Dumontet si è offerto una piattaforma in difesa del sistema intermittente da cui minaccia “grandi nuvole” nero ed evocante la necessità di preservare l’eccezione culturale francese. Prima di difendere, in una Francia minacciata dal veleno della divisione e del populismo di tutte le parti, i meriti della democrazia. Insomma, il discorso del ministro della Cultura che avrebbe voluto tenere in una serata a Molières non potrebbe essere più politico.

-

PREV L’appello di Renault Algeria Production al governo
NEXT Calcio – Ligue 2. Possibile proseguimento, Thomas Callens titolare, Lucas Buades assente…: cosa sapere prima di Rodez