Mozione di censura o “mozione di chiusura”? Ciò che il voto dell’Assemblea ci dice sulla situazione politica

Mozione di censura o “mozione di chiusura”? Ciò che il voto dell’Assemblea ci dice sulla situazione politica
Mozione di censura o “mozione di chiusura”? Ciò che il voto dell’Assemblea ci dice sulla situazione politica
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Pubblicato il 8 ottobre 2024 alle 15:53aggiornato il 8 ottobre 2024 alle 16:03

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Per Jean-Philippe Derosier la mozione di censura contro Michel Barnier non ha alcuna possibilità di successo. D’altro canto segna l’inizio di una nuova sequenza e cementa la strana configurazione in cui siamo immersi.

Questo articolo è carta bianca, scritto da un autore esterno alla rivista e il cui punto di vista non impegna la redazione.

Per andare oltre

La mozione di censura che Michel Barnier affronta oggi mette fine alla sequenza aperta dal 9 giugno e allo scioglimento, prima che ne inizi una nuova, il giorno successivo, e la presentazione del bilancio per il 2025. Non riuscirà, non riuscendo a raggiungere i 289 voti richiesti. Più che una mozione di censura si tratta quindi di una mozione di chiusura.

Dal 9 giugno il nostro Paese è sprofondato in una crisi politica le cui radici sono molto più antiche e che ha moltiplicato le domande: perché uno scioglimento? L’estrema destra governerà? Il fronte repubblicano funzionerà? L’Assemblea nazionale è governabile? Quale maggioranza può emergere? Chi sarà il Primo Ministro? Quale coalizione entrerà nel governo? Quanto può durare?

Alla maggior parte di queste domande è stata data risposta durante l’estate e, all’inizio dell’autunno, il rigetto della mozione di censura confermando che il governo può portare avanti la sua azione. Poiché questa è la particolarità del nostro regime – che risponde così ad una preoccupazione di razionalizzazione grazie ad una Costituzione pensata per consentire ad un governo di minoranza di agire – non è necessario avere una maggioranza positiva, cioè una maggioranza di deputati che dimostrino il loro sostegno. per il governo, ma è essenziale escludere qualsiasi maggioranza assoluta negativa, cioè che il governo, nominato dal Presidente della Repubblica, possa mantenersi finché non venga approvata una mozione di censura dalla maggioranza assoluta dei i deputati che compongono l’Assemblea nazionale (vale a dire 289). Tuttavia, il voto su una mozione di censura permette di contare solo i voti espressi a suo favore, quindi contrari al governo. Un’astensione equivale quindi ad un tacito sostegno.

Questo è il motivo per cui Michel Barnier poteva legittimamente temere di porre la “questione di fiducia”, richiamando il governo a rispondere davanti all’Assemblea, a seguito della sua dichiarazione di politica generale, il 1È ottobre. Questa, infatti, necessita di essere adottata a maggioranza e, in caso contrario, il governo è costretto a dimettersi. I quattro gruppi del Nuovo Fronte Popolare (NFP) avrebbero votato contrario all’unanimità, ovvero 193 voti, mentre i quattro gruppi della coalizione di governo (Ensemble, MoDem, Orizzonti e Destra Repubblicana) avrebbero votato a favore, ovvero 211 voti, di che sarebbe stato necessario sottrarre quelli dei deputati diventati ministri e che saranno sostituiti dal loro sostituto solo un mese dopo la loro nomina, cioè 19 voti in meno e un totale di… 193. Sarebbe stato quindi basta che un solo altro deputato, non iscritto o di qualsiasi gruppo, voti contro, o che un membro della coalizione di governo si astenga, affinché il governo venga immediatamente rovesciato. Il rischio era troppo grande.

A ciò si sarebbe aggiunta la conferma che il destino del governo di Michel Barnier è intimamente legato alla buona volontà dell’estrema destra, di cui nessuna voce avrebbe dovuto pronunciarsi contro il governo, nel quadro di una questione di fiducia.

Anche il voto sulla mozione di censura lo conferma, ma senza dubbio in modo meno evidente. Da un lato, questo voto appoggia una “mozione”, motivata in particolare dal rifiuto di farlo “nominare Matignon la personalità proposta dal Nuovo Fronte Popolare, la coalizione che ha raccolto il maggior numero di seggi (193) nell’Assemblea Nazionale”. È difficile immaginare che l’estrema destra sottoscriva una simile posizione. D’altro canto, poiché vengono elencati solo i voti favorevoli alla mozione, astenersi equivale a sostenere senza dirlo… mentre si lascia dire il contrario! In altre parole, l’estrema destra può dimostrare ostilità nei confronti del governo, pur indicando il suo rifiuto di unirsi alla sinistra nelle motivazioni della censura.

Con la benedizione dell’estrema destra

Questa configurazione permette anche a Michel Barnier di essere calmo riguardo alle posizioni che potrebbero assumere alcuni deputati non iscritti (in particolare quelli che hanno recentemente lasciato la coalizione di governo) e i deputati del gruppo Liot, la cui posizione è sempre troppo sfumata per esserlo chiaramente espresso… e anticipato!

Infine, per pura coincidenza, lo stesso giorno in cui è stata discussa e respinta la mozione di censura, la Conferenza dei presidenti dell’Assemblea nazionale ha rifiutato di iscrivere all’ordine del giorno la richiesta di destituzione del Presidente della Repubblica, se questa diventerà automaticamente obsoleto il 15 ottobre, tredici giorni dopo l’esame della Commissione Legale.

Si registra così la chiusura di questa prima sequenza. Nonostante le elezioni legislative anticipate, segnate dalla vittoria del fronte repubblicano, dalla sconfitta dell’ex maggioranza presidenziale, dalla disgregazione della destra e dal rifiuto dell’estrema destra, da un’Assemblea divisa in tre blocchi, dove la sinistra è alla guida senza poter governare da sole, la destra e la coalizione presidenziale si ritrovano a guidare il governo, con la benedizione dell’estrema destra.

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Questa situazione è senza dubbio fragile, ma non vi è alcuna garanzia che sarà effimera… o che non lo sarà. Questa “mozione di chiusura” apre una nuova sequenza: il dibattito sul bilancio. Scommettiamo che arriverà fino alla fine, anche se non senza difficoltà. Resta poi da vedere in che stato si troverà questa coalizione di governo a gennaio, cosa che determinerà se una nuova mozione di censura, che potrebbe essere ripresentata, chiuderà il futuro del governo Barnier o, al contrario, gli permetterà di mantenersi bene al di là di ciò che alcuni annunciano oggi.

BIO ESPRESSO

Jean-Philippe Derosierprofessore associato di diritto pubblico all’Università di Lille, titolare della cattedra di studi parlamentari.

Di Jean-Philippe Derosier

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