Il paradosso dell’abbondanza di petrolio e del malcontento popolare

Il paradosso dell’abbondanza di petrolio e del malcontento popolare
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L’Algeria, nonostante le sue abbondanti risorse di idrocarburi, paradossalmente si trova in fondo alla classifica dei paesi del petrolio e del gas in termini di remunerazione dei suoi lavoratori. Le cifre parlano da sole: secondo un recente studio di Funder Pass, i proventi delle esportazioni di petrolio e gas non sono riusciti a migliorare il tenore di vita dei lavoratori in diversi paesi africani e arabi, tra cui l’Algeria.

Tunisia, Algeria e Libia, nonostante le loro notevoli ricchezze naturali, mostrano performance deludenti in termini salariali. La Tunisia è all’undicesimo posto con uno stipendio medio mensile di 302,45 dollari, mentre la Libia, uno dei principali produttori di petrolio al mondo, è poco più avanti con 295,33 dollari. L’Algeria, dal canto suo, nonostante i ricavi record derivanti dalle esportazioni di petrolio e gas, è al nono posto con uno stipendio medio di 291,11 dollari. Questi redditi sembrano avere scarso impatto sulla condizione dei lavoratori in un Paese segnato da un regime autoritario e dalla mancanza di trasparenza.

Nel corso degli anni, lo Stato algerino ha tentato, senza successo, di superare la crisi senza intraprendere riforme strutturali, consolidando così gli interessi economici nazionali e la rigidità istituzionale. Durante la primavera araba del 2011, l’Algeria ha creato nuovi posti di lavoro e concesso prestiti senza interessi nel tentativo fallito di stimolare l’imprenditorialità tra i giovani.

La situazione economica dell’Algeria si sta deteriorando, nonostante il boom energetico, con un’inflazione crescente e la stagnazione nei settori non petroliferi, che gravano pesantemente sul potere d’acquisto dei cittadini e accentuano la loro disillusione. Il rapporto evidenzia la mancanza di equità salariale in questi paesi che, sebbene spendano miliardi di dollari ogni anno per sfruttare le loro risorse naturali, non riescono ad adattare le loro politiche economiche per soddisfare i bisogni delle loro popolazioni.

La speranza di un cambiamento democratico persiste in Algeria, nonostante l’entusiasmo del presidente Abdelmajid Tebboune di candidarsi per un secondo mandato, contro il parere dei generali. Da parte sua, il popolare movimento Hirak potrebbe essersi dissolto, ma le sue aspirazioni rimangono insoddisfatte; le riforme governative e costituzionali, presumibilmente implementate per placare le sue richieste, non hanno soddisfatto le richieste dei cittadini che aspirano a rinnovare un contratto sociale obsoleto. Se la storia insegna qualcosa, il modello attuale, che mira a mantenere la pace sociale attraverso la spesa sociale, potrebbe offrire solo un sollievo temporaneo. Le promesse non mantenute di diversificazione economica, in un contesto di condizioni economiche deplorevoli e di un modello economico obsoleto, continuano ad alimentare la frustrazione e l’indignazione dei giovani che hanno pochi mezzi per chiedere azioni concrete al governo.

Il Marocco, con un’economia più diversificata, è al primo posto in Africa e al 48° posto a livello globale, con uno stipendio mensile medio di 1.657 dollari. La Svizzera si colloca in cima alla classifica mondiale con uno stipendio medio di 6.632,59 dollari, mentre il Qatar si distingue come leader nel mondo arabo e sesto a livello globale, con uno stipendio medio mensile di 4.068,56 dollari.

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