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gli ultrasuoni focalizzati riducono le placche amiloidi e i sintomi senza farmaci

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Un vento di speranza ha appena soffiato per i 55 milioni di persone affette dal morbo di Alzheimer nel mondo. Un nuovo studio condotto da ricercatori coreani evidenzia il potenziale degli ultrasuoni focalizzati nel trattamento di questa condizione devastante. I risultati degli studi hanno dimostrato che la tecnologia apre temporaneamente la barriera emato-encefalica, riducendo le placche amiloidi senza la necessità di trattamenti farmacologici. I ricercatori hanno anche riscontrato una notevole riduzione dei sintomi neuropsichiatrici associati all’Alzheimer.

La malattia di Alzheimer, una delle patologie neurodegenerative più diffuse e temute, inizia con un accumulo di placche di beta-amiloide. Questi depositi derivano dall’interazione tra la proteina Tau e i peptidi amiloidi, che portano a vari sintomi fin dall’inizio della malattia, compresi disturbi neuropsichiatrici come ansia o irritabilità. I sintomi più avanzati includono confusione e perdita di memoria.

I trattamenti tradizionali per l’Alzheimer mirano principalmente ad alleviare i sintomi, rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Tuttavia, questi approcci non riescono a sradicare le placche amiloidi, che si ritiene siano responsabili dei sintomi. Nuove terapie mirate direttamente a queste placche, come gli anticorpi anti-amiloide, hanno mostrato risultati incoraggianti, ma la loro efficacia rimane limitata.

Una barriera complessa da superare

La sfida principale risiede nella barriera emato-encefalica (BBB), una struttura cellulare che protegge il cervello da tossine e agenti patogeni. Sebbene vitale, questa barriera limita anche la penetrazione dei farmaci nel tessuto cerebrale. Gli ultrasuoni focalizzati sembrano quindi essere una soluzione innovativa, poiché consentono di superare questa barriera in tutta sicurezza utilizzando onde sonore mirate, senza ricorrere a interventi chirurgici invasivi o radiazioni.

Un precedente studio condotto dalla Vanderbilt University di Nashville, aveva già dimostrato che l’uso combinato di ultrasuoni focalizzati e aducanumab, un anticorpo anti-amiloide, aveva portato ad una riduzione del 32% delle placche amiloidi.

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