Persistenza della proteina spike sull’asse cranio-meningi-cervello.
Microbo ospite della cellula ; Rong et al, 2024;32:2112-2130
L’articolo di Rong et al. sfrutta un’entità che gli autori chiamano “asse cranio-meningi-cervello” di cui il team monacense di Ertürk, firmatario di questa pubblicazione, sarebbe quindi l’inventore. Per quanto ne so, non esiste letteratura prodotta da altri team su questo concetto; l’asse cranio-meningi-cervello non essendo meglio definito che “difficile da preservare nella sua interezza”. Sembra che la tecnica di laboratorio utilizzata per ottenere l’immagine di questo cosiddetto asse sia una delle tecniche descritte cometecnologie avanzate di depurazione dei tessuti ottici. Si tratta di una tecnica interna chiamata SHANEL che consiste nel decalcificare i tessuti per rendere possibile l’esplorazione visiva, in particolare del cranio.
L’obiettivo dichiarato è determinare la presenza e la localizzazione della proteina spike SARS-CoV-2 a livello delle strutture di questo “asse” per poi sostenere il suo coinvolgimento nel Covid a lungo termine grazie ai risultati ottenuti sperimentalmente su un modello murino .
Dai topi agli uomini
La prima parte dello studio riguarda l Covid La malattia da coronavirus, a volte definita malattia da coronavirus, è una malattia causata da un coronavirus (CoV). Il termine può riferirsi alle seguenti malattie: sindrome respiratoria acuta grave (SARS) causata dal virus SARS-CoV, sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) causata dal virus MERS-CoV, malattia da coronavirus 2019 (Covid-19) causata dal Virus SARS-CoV-2. acuto, i pazienti in studio sono pazienti deceduti COVID-19 La malattia da coronavirus, a volte definita malattia da coronavirus, è una malattia causata da un coronavirus (CoV). Il termine può riferirsi alle seguenti malattie: sindrome respiratoria acuta grave (SARS) causata dal virus SARS-CoV, sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) causata dal virus MERS-CoV, malattia da coronavirus 2019 (Covid-19) causata dal Virus SARS-CoV-2. (n=27, nessuna descrizione dei pazienti), nei quali la ricerca di particelle virali nella corteccia era negativa PCR “Reazione a catena della polimerasi” in inglese o reazione a catena della polimerasi in francese. È un metodo di biologia molecolare di amplificazione del DNA in vitro (concentrazione e amplificazione genica mediante reazione a catena della polimerasi), utilizzato nei test di screening. e il rilevamento della proteina spike o del nucleocapside è stato positivo in meno della metà dei casi nel cranio (midollo osseo) o nella dura madre (SMC= connessioni cranio-meningi) e meno di un quarto dei casi nella corteccia, vicino alle cellule neuronali.
Questi risultati sono coerenti con i risultati di studi autoptici precedentemente pubblicati, inclusa la nota infezione endoteliale da SARS-CoV-2. A questi si aggiunge uno studio proteomico i cui risultati, oltre a mostrare la risposta infiammatoria complessiva, rilevano anomalie che possono essere osservate anche in malattie croniche come il morbo di Alzheimer o la sclerosi multipla. Di lì a dedurre che l’attacco del Covid-19 dia luogo a malattie neurodegenerative o neuroinfiammatorie il cammino è molto lungo, tali anomalie dovranno prima essere ricercate nell’ambito di altre malattie acute come l’ARDS, la sindrome respiratoria acuta sindrome da distress (ARDS in francese).
Conclusioni rischiose
Una seconda parte dello studio si concentra sull’analisi delle stesse strutture e tenta un parallelo tra quanto riscontrato nei soggetti oggetto di studio e ciò che potrebbe spiegare le cause della condizione post-Covid. Il metodo utilizzato è a dir poco rischioso in termini di specificità dei soggetti studiati. Infatti, vengono descritti come morti in Germania per una causa diversa dal Covid-19, durante il periodo epidemico (2021-2022), assumendo che la percentuale di deceduti che avevano precedentemente avuto il Covid-19 fosse identica a quella riportata dal 46% dei deceduti la popolazione tedesca generale durante due anni di pandemia (2021 e 2022).
La proteina del picco è stata rilevata in 10 campioni di cranio su 34. Sembra che i soggetti sottoposti ad autopsia siano stati oggetto di uno studio sul liquido cerebrospinale (liquido cerebrospinale, precedentemente liquido cerebrospinale) e che quelli in cui era stata rilevata la proteina spike nel cranio. È indicato che i dosaggi di diverse molecole come la proteina tau, Catena leggera del neurofilamento (NfL) sei lì Proteina acida fibrillare gliale (GFAP), tutti i marcatori di danno neuronale o gliale, erano più alti nella popolazione etichettata come Covid-long. Questa conclusione appare ovviamente molto discutibile in assenza di dati clinici. Il titolo di questo paragrafo dei risultati appare, dopo l’analisi, essere fuorviante affermando che “la proteina spike persiste nel midollo osseo del cranio e i marcatori di neurodegenerazione sono aumentati nei pazienti con Covid lunga”.
La terza parte dello studio riguarda l’infezione sperimentale da SARS-CoV-2 di topi transgenici che esprimono il gene per il recettore umano per l’enzima di conversione, ACE2. Ha studiato la distribuzione dell’infezione in vari tessuti, compreso il sistema nervoso, nonché la persistenza della rilevabilità della proteina spike a 28 giorni dall’infezione.
L’iniezione della proteina spike nel midollo osseo delle ossa del cranio del topo è stata seguita entro 30 minuti dalla diffusione nelle meningi e nel cervello. Vengono poi presentati i risultati a favore di un possibile ruolo neurotossico dello spike e di un aumento della proteina precursore dell’amiloide (APP) nonché numerosi riscontri proteomici, comprese le relazioni con la condizione post-Covid e con il sistema “Cranio-Meningi-Cervello” l’asse non appare chiaramente.
Conclusione
Questo articolo è un nuovo articolo che sfrutta ancora un altro metodo di ricerca nel tentativo di trovare e dimostrare il danno al sistema nervoso centrale secondario all’infezione da SARS-CoV-2 che consente di spiegare le disfunzioni cognitive riportate dai pazienti affetti da “un lungo Covid”.
Tutta questa ricerca (quando non condotta nel contesto del neuro-Covid acuto) soffre attualmente dell’assenza di duplicazione dei risultati e dell’assenza di un solido argomento fisiopatologico per spiegare una disfunzione del sistema nervoso centrale, come quella riscontrata nel lungo Covid. . Non solo il lavoro del team di Monaco di Ertürk et al. non fanno eccezione alla regola, ma in più il loro lavoro riguardante una popolazione etichettata come post-Covid è viziato da gravi debolezze metodologiche e conclusioni azzardate.