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Morte di Garth Hudson, ultimo pilastro della The Band – Libération

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Garth Hudson, non è difficile descrivere la sua icona: era Babbo Natale con il cappello di Coccodrillo Dundee. Per il resto, la sua innegabile influenza e il suo viaggio dalle molteplici ramificazioni, richiede qualche riga in più. L’uomo che conoscevamo essenzialmente come l’ultimo membro vivente della The Band, un grande gruppo ai confini dei generi (folk, rock, jazz, country) e dei confini (Canada e Stati Uniti) è morto il 21 gennaio all’età di 87 anni, escludendo sicuramente uno dei percorsi più fertili che siano apparsi sulla mappa della musica nordamericana negli ultimi settant’anni.

Arrangiamenti frenetici e messa in scena impossibile

Della Band molti conoscono almeno l’album senza titolo del 1969, i numerosi legami con Bob Dylan o L’ultimo valzeril film-concerto di Martin Scorsese. Un buon numero di persone sapranno pronunciare senza balbettare il nome di Robbie Robertson, cantante, chitarrista e compositore principale del gruppo, scomparso nel 2023, al quale dobbiamo anche diverse colonne sonore di film (con Scorsese, sempre – il colore del denaro, L’irlandese, Gli assassini della Luna dei Fiori). Prima di lui hanno lasciato il batterista Levon Helm, il pianista Richard Manuel e il bassista Rick Danko. A bordo rimase solo il polistrumentista Garth Hudson (tastiere, fisarmonica, ottoni). Quello, per ironia della sorte, il cui nome circolava meno, nonostante il suo aspetto picaresco e tutto ciò che portava al gruppo – questi saxo funebri, questi frenetici arrangiamenti di ottoni (sul classico Ofeliain particolare), questi allestimenti impossibili (le atmosfere paludose diSu a Cripple Creek che aveva creato collegando un pedale wah-wah ad un clavinet).

Nato nel 1937 a Windsor, in Canada, da una famiglia di musicisti, Garth Hudson ha imparato a suonare molti strumenti in tenera età e si è esibito sul palco dall’età di 12 anni, prima nelle chiese locali, per poi passare rapidamente a gruppi e tournée. Fu durante un appuntamento con Paul London and the Capers che Levon Helm gli propose di unirsi agli Hawks, il gruppo che allora accompagnava Ronnie Hawkins, cantante rockabilly di Toronto. Hudson rifiuta, ritenendosi troppo talentuoso per questo gruppo di basso livello e non proprio a suo agio con il mondo del rock, che i suoi genitori disapprovano. Ma Hawkins e Helm insistono e Hudson alla fine cede, a due condizioni: che gli comprino un nuovo organo e che gli paghino 10 dollari a settimana per insegnare a ciascuno di loro a suonare un po’ meglio. Il resto è, come si suol dire, storia: preso in giro da Bob Dylan, di cui formarono il gruppo tra il 1965 e il 1967, partecipando alle sessions di Bionda su biondaGli Hawks si ribattezzarono The Band nel 1968, nome generico con il quale firmarono sette album in studio, tutti diventati dei classici, e tre dischi con Bob Dylan (Onde del pianeta, I nastri del seminterrato e il vivo Prima del Diluvio, recentemente ampliato con un gigantesco cofanetto da 27 dischi).

Carriera solista tardiva ed estremamente discreta

Un viaggio di cui Garth Hudson sarà una figura permanente, fino al concerto finale del gruppo nel 1976 al Winterland Ballroom di San Francisco, immortalato da Martin Scorsese. Hudson avrebbe successivamente continuato con nuove iterazioni del gruppo, privato del suo elemento centrale, Robbie Robertson, prima di iniziare una carriera solista tardiva ed estremamente discreta all’inizio degli anni 2000. Farebbe anche parte dei Burrito Deluxe, una “estensione” dei Flying Burrito Brothers guidati dalla leggenda del pedal steel “Sneaky Pete” Kleinow. Nel 2010, ha coordinato la formazione di una band tributo a The Band composta interamente da musicisti canadesi, tra cui Neil Young e membri dei Cowboy Junkies. E ha collaborato a più di 300 registrazioni con, tra gli altri, Leonard Cohen, Bob Dylan, Van Morrison, Tom Petty e Marianne Faithfull, che gli sono valsi un Lifetime Achievement Award ai Grammy nel 2008. Vi avevamo avvertito: ci vorrebbero poche righe .

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