Giovanni Mpetshi Perricard dopo la vittoria contro Korda a Wimbledon: “Non ho copiato un server, ho il mio stile”

Giovanni Mpetshi Perricard dopo la vittoria contro Korda a Wimbledon: “Non ho copiato un server, ho il mio stile”
Giovanni Mpetshi Perricard dopo la vittoria contro Korda a Wimbledon: “Non ho copiato un server, ho il mio stile”
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“Sei uscito vittorioso da un intenso combattimento contro Sebastian Korda questo martedì, dove hai dovuto fare i conti con le interruzioni dovute alla pioggia. È stato difficile gestire l’attesa?
Comincio ad abituarmi, perché dopo Roland ho l’impressione che tutte le mie partite vengano interrotte (sorriso). È complicato, a volte, affrontare questo genere di cose. A volte il campo era scivoloso, quasi giocabile, ma sapevo restare calmo e concentrato, questa era la cosa più importante. Ha funzionato per me. Penso di aver gestito bene la situazione.

E alla fine, questa vittoria in cinque round…
E’ il primo! Ho perso in cinque set al Roland l’anno scorso, lo stesso quest’anno, mi sono detto: “Vincerò una partita del Grande Slam?” Si sente bene. Soprattutto contro un avversario così, su questa superficie, e da fortunato perdente. È quasi la vittoria che mi fa più bene quest’anno.

“Cerco di mettere questa pressione fin dal primo punto per dare la giusta temperatura alla partita. E provo a vedere quando gli avversari diventano febbricitanti”

Contro Korda hai segnato quasi cento punti con un solo colpo di racchetta, tra 51 ace e quasi altrettanti servizi vincenti. È facile ottenere tutto questo quando sei alto più di due metri?
Non è facile servire, altrimenti tutti sarebbero forti (ridere). Certo, quando sei grande aiuta, ma se non hai una buona tecnica, se non hai lavorato in allenamento, se non hai fatto ore e ore di cerchi, non riuscirai essere in grado di servire molti assi in una partita. I ragazzi ritornano molto bene, quindi dobbiamo essere sempre più precisi. Non devo fare troppo affidamento su questo tutto il tempo, perché stanno iniziando tutti a rilanciare meglio. Le palle sono un po’ più pesanti, le superfici un po’ più lente, ci sono risposte lunghe e poi bisogna avere comunque una linea di fondo sufficientemente forte per fare la differenza. Ma ovviamente sono felice di avere questo servizio che mi aiuta enormemente. Sulle palle break resto calmo, non penso all’asso o al servizio vincente. Se lo faccio, tanto meglio. Se la palla torna, beh dovrò arrangiarmi, ma non mi metto pressione dicendomi che devo assolutamente fare un ace.

Hai fatto colpo servendo due ace di fila, compreso uno sulla seconda palla, quando Korda era avanti 6-5 nel tie-break del terzo set. Come hai fatto?
Chiudo gli occhi, colpisco forte e mi dico che entrerà (ridere). No, ho in mente la mia zona, e poi, sul 6-6, sulla seconda di servizio, forse non si vede, ma c’è un po’ di graffio (di effetto) ed è una mossa che riesco a padroneggiare, tra virgolette, anche se viene eseguita abbastanza rapidamente ed è piuttosto impressionante. Ma volevo fare un piccolo secondo a 160 (km/h). Non volevo fare l’asso a T, ma devo andare, so che ho meno possibilità se non mi impegno. Se avessi commesso un doppio errore mi avrebbero detto: ”Sì, che idiota a provarci!” Ma quando funziona, tutti rimangono impressionati ed ero pronto a fare quella scelta. Mi sono detto : “Dai, vai avanti, metti tutto quello che hai nella palla e cerca di essere il più preciso possibile”. È un asso, tanto meglio.

Il tuo gioco produce anche molta frustrazione nell’avversario. Esiste una forma di combattimento psicologico? Hai visto che Korda a volte si scoraggiava?
Cerco di concentrarmi solo su me stesso ma è importante riuscire a sentire cosa succede quando l’avversario è frustrato, quando è il momento di farlo giocare un po’ di più, quando ha bisogno di mettergli pressione. Cerco di metterla, questa pressione, fin dal primo punto, per dare la giusta temperatura alla partita. E provo a vedere quando gli avversari diventano febbricitanti, anche se mantengo lo stesso piano di gioco ho visto che non gli piaceva molto, quindi ho continuato a provarci. Inoltre, quando finalmente riesco a romperlo, al quinto, sull’1-0, penso di raccogliere i frutti di quello che ho seminato dall’inizio della partita, mettendo quella pressione sulla risposta.

“Spesso è difficile cambiare le cose, soprattutto quando sei un tennista, hai tanta paura del cambiamento… Ma devi cambiare per poter avere successo, altrimenti ci sono passi che non farai.”

Giovanni Mpetshi Perricard

Sei allenato da Emmanuel Planque, che prima di te aveva già portato nella top 100 parecchi altri giocatori. Quanto è importante il suo ruolo?
Quando ho iniziato con Manu, me lo ha lasciato fare per un po’. Voleva vedere come giocavo, non ci conoscevamo davvero. C’era tanto lavoro, era un grande progetto. Ci sono state molte discussioni. Nei tornei, dopo le partite, dopo gli allenamenti… ho dovuto cambiare le cose, perché già non avevo la visione giusta del (lun) gioco, non vedevo come avrei giocato tra qualche anno, non vedevo davvero le mie armi, pensavo che avrei fatto il gioco con il diritto, quando no (ridere). O più per ferire. Avere un allenatore così, che fa davvero il suo lavoro, che guarda qua e là se non riesce a superare le piccole cose, che si offre per correggere certe mancanze, aiuta molto. Spesso è difficile cambiare le cose, soprattutto quando sei un tennista, hai tanta paura del cambiamento… Ma devi cambiare per poter avere successo, altrimenti ci sono dei passi che non farai.

E qual è il segreto del vostro servizio? Hai osservato molti dei grandi servitori che ti hanno preceduto sul circuito? Quale in particolare?
Nessuno. Non ho proprio copiato un server, ho il mio stile, la mia routine prima di ogni servizio. Non prendo la palla in salita come Isner, non lancio la palla da tre metri come Del Potro, no, ho sempre avuto il servizio di Giovanni Mpetshi. È mio. Servo come me (ridere). »

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