Nikola Jokic, da obeso sconosciuto al miglior giocatore di basket del mondo

Nikola Jokic, da obeso sconosciuto al miglior giocatore di basket del mondo
Nikola Jokic, da obeso sconosciuto al miglior giocatore di basket del mondo
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RITRATTO – Eletto MVP per la terza volta in carriera, il pivot serbo di Denver, Nikola Jokic, era atteso come sostituto nella NBA al suo debutto. Un’ascesa tanto irresistibile quanto inaspettata.

“Non credevano al piccoletto grassoccio. Non scommettere mai contro il piccoletto grassoccio.” È con queste parole, pronunciate in tono birichino poche ore dopo l’incoronazione dei Denver Nuggets, nel giugno 2023, che Nikola Jokic ha riassunto la sua traiettoria. Il 29enne pivot serbo è stato eletto MVP della stagione regolare NBA questo mercoledì per la terza volta nella sua carriera, dopo il 2021 e il 2022.

È solo il nono giocatore nella storia a vincere il premio tre volte, unendosi a Michael Jordan, LeBron James o Kareem Abdul-Jabbar, solo per citarne alcuni. A differenza di questi mostri sacri, a cui era stato promesso un grande futuro fin dal liceo, Jokic non aveva il destino scritto in anticipo. “Il suo viaggio è inaspettato, è arrivato dalla porta di servizio”ricorda Joffrey Lauvergne, giocatore dell’Asvel ed ex nazionale francese che era a Denver quando Jokic vi mise piede nel 2015.

Redatto durante uno spot pubblicitario di fast food

La storia è nota nel microcosmo del basket americano. Jokic era solo la 41esima scelta nel Draft 2014, un evento annuale sempre molto pubblicizzato. Almeno per i primi giocatori scelti. Quando Denver seleziona il residente di KK Mega Basket, ESPN si trova nella pagina pubblicitaria. Il nome del serbo appare sullo striscione in fondo allo schermo mentre una donna si gode un panino della catena di fast food Taco Bell.

Ironico quando conosciamo i problemi di peso di “Joker” (il suo soprannome), un ex adolescente obeso. “Lo hanno presentato alla squadra e hanno detto: ‘Ecco, Nikola, viene dalla Serbia. Lavoreremo sul suo corpo quest’anno, vedremo l’anno prossimo se potrà giocare.'”, riferisce Joffrey Lauvergne. Troppo grande ? No, troppo forte. “2-3 mesi dopo era già il miglior giocatore della squadra. È stato impressionante”Lauvergne si meraviglia ancora.

Al suo debutto in NBA all’età di 20 anni, Jokic “era visto più come un futuro sostituto, un giocatore di dovere”conferma Harrison Wind, giornalista americano per i media digitali DNVR e chi copre i Nuggets “da quando Jokic era qui”. Il serbo ha dovuto fare i conti con i pregiudizi che colpiscono i cestisti europei d’oltreoceano, da sempre giudicati più severamente rispetto agli americani, spesso percepiti come troppo simpatici, non abbastanza atletici.

Marcatore, rimbalzista, passante… Jokic può fare tutto

Harrison Wind ricorda il giorno in cui il suo allenatore, Michael Malone, gli diede le chiavi del camion il 15 dicembre 2016, dopo aver giocato un quarto della stagione. “I Nuggets hanno avuto il miglior attacco di tutta la NBA fino alla fine della stagione”, ricorda il giornalista. Dietro questo goffo aspetto da pachiderma si nascondono mani di velluto e un cervello potente come un supercomputer.

Alto 2,11, Jokic vede tutto, sa tutto, anticipa tutto e ha la destrezza e il tocco per effettuare ogni passaggio possibile. La sua abilità a metà distanza o vicino al cerchio sfida ogni logica, può dribblare per superare in astuzia un difensore, il suo repertorio di finte è un pozzo senza fondo, e il suo tempismo combinato con una dimensione con cui sa giocare gli permette di dominare fisicamente, compensando la sua mancanza di velocità e accelerazione. “Oggi fa tutto come prima, ma meglio”riassume Joffrey Lauvergne.

Gli ci è voluto ancora del tempo per convincere i restanti scettici. “Rimanevano dubbi sulla sua capacità di reggere difensivamente nei playoff”, illumina Harrison Wind. Dubbi spazzati via da una titanica campagna playoff 2023 (30 punti, 13,5 rimbalzi e 9,5 assist a partita), coronata dal titolo di MVP nella finale contro i Miami Heat (4-1).

Lavoratore antistar e discreto

Finalmente il periodo d’oro per i Denver Nuggets, club a lungo nell’ombra, mai finalista in 47 anni di storia (fino al 2023), che non aveva mai avuto un MVP in rosa. Del resto, quale stella vorrebbe suonare a Denver, arroccata a 1.609 metri di altitudine in Colorado, regione montuosa attraversata dalle Montagne Rocciose, quando esistono New York o Los Angeles?

Risposta: Nikola Jokic, “un personaggio così diverso dal resto delle superstar della NBA”, testimonia Joffrey Lauvergne, che ha giocato per gli Oklahoma City Thunder, i Chicago Bulls e i San Antonio Spurs. L’antistar per eccellenza, altruista, leale, priva di ego e assente dai social network. Nel 2022, la NBA gli ha consegnato il trofeo MVP nella sua scuderia di Sombor, sua città natale, a due ore abbondanti di macchina a nord di Belgrado. Atipico, come il suo stile di gioco.

Nikola Jokic, qui contro i Los Angeles Lakers, si è già affermato come uno dei più grandi giocatori di basket della storia.
MATTHEW STOCKMAN/AFP

Amante dei cavalli, Jokic dava spesso l’impressione che il basket non fosse (affatto) la priorità nella sua vita, lui che stava sonnecchiando a Sombor quando Denver lo scelse. C’era eccitazione nell’aula dei Nuggets, pochi minuti dopo l’incoronazione, il 12 giugno 2023, quando il serbo pronunciò questa frase che è passata ai posteri, con la più grande nonchalance del mondo: “Abbiamo fatto il lavoro, ora possiamo tornare a casa.”

L’impressione è ancora una volta fuorviante, Jokic ha lavorato duro per migliorarsi e acquisire una resistenza degna del miglior cestista al mondo quale è stato per quasi tre anni. Questo in un’epoca dominata dalle guardie, eredità della rivoluzione del tiro da 3 punti, che Jokic usa con parsimonia. Non misura ancora la sua eredità. Sulla sua scia sono fioriti interni dalle dita fatate (Domantas Sabonis, Alperen Sengun, persino Victor Wembanyama…).

Dovranno ancora aspettare per prendere il testimone da Jokic, 29 anni e i cui Nuggets puntano al secondo titolo consecutivo. L’inizio è brutto, visto che sono guidati dai Minnesota Timberwolves nella semifinale della Western Conference (0-2). Un’altra montagna da ribaltare per il “Grasso” contro chi non dovresti scommettere.


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