Dopo intervento coronarico percutaneo (PCI) per il posizionamento di uno stent a rilascio di farmaco (chiamato stent attivo), l’uso in monoterapia di clopidogrel, un inibitore P2Y12, è associato ad una maggiore riduzione del rischio trombotico ed emorragico rispetto all’aspirina, indipendentemente dall’elevato rischio rischio di sanguinamento e/o complessità del PCI. Questo è quanto emerge da un’analisi postare ac del saggio Host-Exam Extended pubblicato nel Jama Cardiologia.
Dopo la doppia terapia antipiastrinica per almeno 6 mesi dopo il posizionamento di uno stent attivo, si raccomanda il passaggio alla monoterapia. Se l’aspirina a basso dosaggio è il trattamento di scelta, i dati suggeriscono la superiorità degli inibitori P2Y12. Cosa dire nello specifico dei pazienti ad alto rischio di sanguinamento e/o che hanno subito PCI complessi considerati ad alto rischio? “Nonostante la necessità di una monoterapia antipiastrinica per tutta la vita in questi pazienti, a nostra conoscenza, nessuno studio fino ad oggi ha affrontato specificamente questo problema durante la fase cronica”notano gli autori.
Nello studio multicentrico Host-Exam Extended, che ha coinvolto 37 ospedali in Corea del Sud, tra il 2014 e il 2018 sono stati inclusi 3.974 pazienti trattati con doppia terapia antipiastrinica dopo posizionamento di stent a rilascio di farmaco, con un follow-up fino a 5,9 anni. Si trattava di pazienti stabilizzati, per i quali non erano stati segnalati eventi ischemici o emorragici maggiori nei 6-18 mesi successivi all’intervento. I pazienti sono stati randomizzati 1:1 a ricevere clopidogrel o aspirina.
Di tutti questi individui, il 21,8% aveva un alto rischio di sanguinamento (468 nel braccio clopidogrel e 398 nel braccio aspirina) e il 21,4% era stato sottoposto a PCI complesso (441 nel braccio clopidogrel contro 408 nel braccio aspirina).
Sono stati studiati due endpoint primari: un endpoint trombotico composito (morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, ictus, riammissione dovuta a sindrome coronarica acuta e trombosi dello stent definita/probabile) e il verificarsi di qualsiasi sanguinamento, valutato mediante la scala Barc (Bleeding Academic Research Consorzio).
Maggiore riduzione del rischio con clopidogrel in tutti i gruppi
I pazienti sono stati classificati in quattro gruppi: 62,6% nel gruppo senza alto rischio di sanguinamento e senza PCI complesso, 15,7% nel gruppo con rischio di sanguinamento non elevato ma con PCI complesso, 16,1% nel gruppo con alto rischio di sanguinamento ma senza PCI complesso PCI e 5,7% nel gruppo ad alto rischio di sanguinamento e con PCI complesso.
Nella popolazione totale e in ciascun gruppo, clopidogrel è stato associato a un rischio trombotico e di sanguinamento inferiore rispetto all’aspirina.
Per quanto riguarda il criterio trombotico composito, clopidogrel è stato associato ad una riduzione del rischio rispetto all’aspirina del 36% nel gruppo senza rischio di sanguinamento o PCI complesso, del 47% nel gruppo senza rischio di sanguinamento ma PCI complesso, del 12% in quello emorragico gruppo a rischio di sanguinamento e PCI non complesso e il 54% nel gruppo a rischio di sanguinamento e PCI complesso.
Per quanto riguarda l’endpoint sanguinamento, clopidogrel è stato associato anche a una riduzione del rischio rispetto all’aspirina in tutti e quattro i gruppi, con una riduzione del rischio rispettivamente del 50%, 2%, 9% e 31%.
Lo studio ha inoltre dimostrato che i pazienti ad alto rischio di sanguinamento presentavano eventi trombotici ed emorragici più spesso rispetto ai pazienti senza alto rischio di sanguinamento, mentre non vi era alcuna differenza tra i pazienti a seconda che avessero o meno un PCI complesso.
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