Se la stanchezza è diventata uno dei sentimenti emblematici delle nostre società moderne, la stanchezza vissuta dalle persone malate di cancro sembra essere di altra natura. Sintomo più segnalato dai pazienti, spesso sottovalutato in terapia, questa insolita stanchezza può diventare un vero e proprio peso. Ha costituito la punto di partenzapunto di partenza del dottorato di ricerca in Scienza e Tecnologia delle Attività FisicoFisico e Sport (STAPS) supportati nel 2024.
Fatica che incide sulla qualità della vita
La fatica correlata al cancro è un fenomeno complesso che sfugge, in parte, alla razionalizzazione medica. Gli specialisti sottolineano la natura soggettiva e multidimensionale di questo sintomo di per sé, e sottolineano la non proporzionalità della sua intensità rispetto allo sforzo effettuato.
A differenza della stanchezza “buona” che annuncia un sonno ristoratore, la stanchezza correlata al cancro persiste nonostante il riposo e influisce notevolmente sulla qualità della vita dei pazienti. Queste difficoltà nel partecipare normalmente alla vita quotidiana possono continuare per anni dopo protocolloprotocollo delle cure e danno origine, nella maggior parte dei casi, a incomprensioni con i soggetti sani, compresi i caregiver.
Sebbene la fatica sia onnipresente nel percorso dei pazienti, la sua considerazione rimane insufficiente, sia da parte della professione medica che dei loro cari. Esistono tuttavia delle soluzioni, tra cui l’attività fisica adattata (APA).
I benefici dell’attività fisica adattata contro il cancro
Attualmente, l’attività fisica regolare sembra essere uno dei modi più efficaci per moderare gli effetti avversi della malattia e dei suoi trattamenti, in primo luogo l’affaticamento correlato al cancro. Per quanto controintuitiva possa sembrare questa affermazione, i rapporti condotti dal National Cancer Institute nel 2017 e poi dall’Inserm nel 2019 hanno infatti concluso che esiste una necessità terapeutica di offrire sessioni di attività fisica adattate ai pazienti il più presto possibile.
Priorità data dagli insegnanti di attività fisica adattata (EAPA), di uno dei settori STAPS, queste sessioni mirano in particolare a combattere la sarcopenia, vale a dire un calo progressivo e generalizzato della pressione sanguigna. massamassa muscolare. Lungi dal rientrare esclusivamente nell’ambito del curala sarcopenia è riconosciuta come un fattore prognostico indipendente. In altre parole, una persona malata di cancro può morire per mancanza di muscoli anche se il tumore è controllato dal punto di vista medico.
Oltre a migliorare la tolleranza dell’organismo ai trattamenti, la pratica regolare che combina esercizi di rafforzamento muscolare e sforzi di resistenza riduce il rischio di recidivarecidiva per alcuni tumori.
APA, ora prescritta come terapia oncologica di supporto
Nelle parole di Prue Cormie, una ricercatrice australiana specializzata in questo settore: “ se avessimo una pillola chiamata esercizio fisico sarebbe richiesta dai malati di cancro, prescritta da tutti oncologioncologi e sovvenzionato dal governo ».
In pratica, sebbene l’APA sia ora riconosciuta come terapia oncologica di supporto, la sua adozione rimane limitata. La forza di volontà non basta a questi pazienti, che lamentano proprio di essere troppo stanchi!
Questo fenomeno è stato particolarmente evidente nelle storie di 25 donne con cancro al seno intervistate nell’ambito della nostra indagine.
L’analisi dei discorsi, però, invita a coniugare questo sentimento al plurale, secondo le fasi della malattia. La comprensione più precisa delle diverse sfumature della fatica permette di prendere in considerazione proposte terapeutiche più mirate, in particolare attraverso l’attività fisica adattata.
L’allegoria delle stagioni per spiegare le variazioni della fatica
Per tenere conto delle variazioni della fatica nei diversi stadi della malattia, abbiamo utilizzato l’allegoria di stagionistagioni.
Si potrebbero così individuare tre stagioni:
- L’autunnoautunnoche simboleggia il periodo dell’annuncio, rappresenta un momento di intenso sconvolgimento durante il quale la persona apprende ad un ritmo frenetico il suo nuovo “mestiere di paziente” (espressione sociologica utilizzata nel corso della ricerca); Il risultato è l’affaticamento associato alla saturazione cognitiva.
Se l’obiettivo di “preparare” fisicamente la persona ai futuri trattamenti è fondamentale, nelle prime settimane sono da privilegiare sedute individuali, nel senso che permettono la rifocalizzazione su se stessi necessaria per affrontare i disturbi relazionali.
- L’invernoinverno rappresenta, nelle nostre analisi, il periodo dei trattamenti acuti: evoca la gravità degli effetti avversi della chemioterapia, radioterapiaradioterapiae la tendenza intrinseca a isolare i pazienti a causa di una stanchezza irrefrenabile, descritta in termini di gravità.
In questa “stagione”, sembra rilevante questa volta privilegiare sessioni di attività fisica collettiva e tra pari durante le quali l’individuo può creare, in prossimità degli altri pari, una risonanzarisonanza cognitivo ed emotivo.
- La primavera rappresenta infine l’ambivalenza della situazione delle persone in remissioneremissione. Invitati a ritornare nel mondo esterno per riprendere una vita “normale”, si trovano tuttavia a confrontarsi con la persistenza di effetti indesiderati e la prospettiva di recidiva. Qui, la fatica residua delle cure antitumorali si intreccia con la fatica di “essere di nuovo se stessi” (espressione che strizza l’occhio aocchioocchio ha Stanco di essere te stesso d’Alain Ehrenberg).
Nasce quindi la necessità di offrire tempi di pratica misti in cui ex pazienti e persone sane coesistano, e sostenere così la transizione alla vita post-cancro.
Indicibile, il rischio è grande che il peso della fatica legata al cancro rimanga invisibile. Il suo riconoscimento, attraverso sistemi come l’APA, diventa poi un tema cruciale nel corso delle stagioni non solo per il benessere fisico, ma anche per quello mentale e sociale dei pazienti.
Riconosci socialmente la tua fatica
La lotta alla stanchezza “fisica” costituisce ilazimutazimut di queste sessioni. Tuttavia, l’analisi dei commenti ci ricorda che la fatica, come il dolore, mette a nudo i limiti del linguaggio quando si tratta di comunicare la propria esperienza agli altri e suggerisce, infatti, di considerare le condizioni della propria enunciazione così come le proprie receptionreception.
Molti degli intervistati hanno evidenziato l’impossibilità di far sentire la propria fatica ai sani, rivelando come la convivenza con altri pazienti sia particolarmente preziosa, durante e dopo le cure. Le attività peer-to-peer come le sessioni APA, tra le altre, creano condizioni favorevoli per la condivisione sociale della fatica, innescando una forma di autentica solidarietà.
Prendendo atto delle difficoltà di queste donne nel riscrivere la loro esperienza in a universouniverso di significato condiviso, anche se la fatica è un motivo ricorrente delle interazioni quotidiane, questo lavoro sarà stato anche un’occasione per riflettere sulle conseguenze della funzione fatica della fatica.
Come ha dimostrato lo psicosociologo Philippe Zawieja, ci è voluto un vero e proprio cambiamento perché la stanchezza diventasse fatica, in altre parole: un argomento di cui è possibile parlare senza rischi, spogliati di ogni informazione significativa. Proprio come le banalità pronunciate sul bollettino meteorologicobollettino meteorologico o il “Ciao” di una telefonata, menzionando la stanchezza, serve come rituale per avviare le nostre conversazioni: “Non troppo stanco? »
Rivolta a chi soffre di una malattia come il cancro, questa domanda può sembrare altrettanto banale. Al contrario, contribuisce a eufemizzare la fatica specifica vissuta da una popolazione sempre crescente, divisa tra preoccupazionepreoccupazione per corrispondere al modello del paziente resilienteresilientee quello di vedere riconosciuta la propria fatica.
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