Questi due aiuti, concessi fino ad ora agli anziani beneficiari dell’assegno di autonomia personalizzata (Apa) a domicilio, hanno permesso di coprire la teleassistenza e la consegna dei pasti fino al 30-100% del costo di questi servizi. Il dipartimento ha cessato questo supporto il 1È Gennaio.
In una lettera indirizzata ai beneficiari e di chiAFP è venuto a conoscenza, il dipartimento giustifica questa decisione con “una crescita delle spese ad un ritmo sostenuto tra bisogni sociali, inflazione ma anche e soprattutto numerose decisioni governative non finanziate”, quando le entrate “crollano”.
La comunità afferma inoltre di voler “preservare l’essenziale, cioè gli aiuti umani che permettono di sostenere le azioni essenziali della vita quotidiana” degli anziani e il sollievo di chi si prende cura di loro.
“Il Consiglio dipartimentale denuncia da diversi mesi, come molte altre comunità di ogni orientamento politico, il soffocamento di bilancio impostoci dallo Stato e le sue conseguenze sui servizi pubblici locali”, sottolinea la comunità a L’AFP.
Ai beneficiari che perdono questo aiuto è stato chiesto di contattare i propri centri comunali di azione sociale (CCAS), che talvolta “offrono agli abitanti del loro comune abbonamenti di teleassistenza a prezzi preferenziali” e un eventuale contributo alle spese di consegna dei pasti. .
«Le assicurazioni sanitarie mutualistiche e complementari prevedono già una garanzia di assistenza a distanza o la offrono come opzione», spiega anche la firmataria della lettera, Catherine Boursier, vicepresidente supplente dell’Autonomia. «Inoltre, l’assistenza remota e la consegna dei pasti a domicilio danno diritto a un credito d’imposta del 50%», osserva.
Questa eliminazione degli aiuti, che ha interessato circa 2.900 persone, “non è in alcun modo destinata a finanziare un’altra politica pubblica”, precisa ilAFP la comunità.
Il deputato della RN della Meurthe-et-Moselle Frédéric Weber ha denunciato, in un comunicato stampa lunedì 20 gennaio 2025, la scelta del Consiglio dipartimentale di lanciare in via sperimentale un “reddito di emancipazione per i giovani disoccupati, di un importo di 500 euro al mese per un anno, per una spesa minima di 600mila euro”, rammaricandosi di una scelta “che rompe con le reali priorità del territorio”.
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