Mayotte: sale a 26 il numero dei casi di colera, aperta una nuova unità medica

Mayotte: sale a 26 il numero dei casi di colera, aperta una nuova unità medica
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Ll numero dei casi di colera a Mayotte, il più povero dei dipartimenti francesi situato nell’Oceano Indiano, è salito a 26, contro i 13 di due giorni prima, hanno annunciato domenica le autorità, precisando che una nuova “unità di colera” è stata aperta in un centro medico.

“26 casi sono stati confermati dall’inizio dell’allerta colera”, precisano in un comunicato la prefettura di Mayotte e l’Agenzia sanitaria regionale (ARS).

Dopo aver superato la capacità di una prima “unità del colera”, capace di ospitare 14 persone all’interno del Centro ospedaliero di Mayotte, ne è stata aperta una seconda all’interno del centro medico di riferimento di Dzoumogné, aggiungono.

Secondo Olivier Brahic, direttore generale dell’ARS, “la situazione del centro ospedaliero di Mayotte, in termini di risorse umane, resta molto critica, soprattutto al pronto soccorso”.

Venerdì i primi tre casi di colera “indigeno” sono stati identificati a Koungou, a nord di Mamoudzou, capitale di Mayotte. Fino ad allora, da metà marzo erano stati registrati dieci casi importati tra persone arrivate in particolare dalle vicine Comore, un arcipelago a 70 km di distanza dove l’epidemia divampa.

Mayotte, che ha deciso di restare francese dopo l’indipendenza dell’arcipelago delle Comore nel 1975, conta 310.000 abitanti, secondo dati ufficiali probabilmente ampiamente sottostimati, di cui il 48% immigrati dalle Comore e da altri paesi africani.

L’epidemia di colera sta colpendo diversi paesi africani. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in 10 paesi del continente sono stati segnalati 26.000 casi e 7.000 decessi. Tra questi figurano la Tanzania e la Repubblica Democratica del Congo, da cui proviene la maggior parte dei richiedenti asilo che arrivano a Mayotte.

“Le operazioni di vaccinazione vengono organizzate anche sul campo”, specifica l’Ars, che sta proseguendo, allo stesso tempo, i suoi raid sanitari, al fine di garantire un’ampia diffusione delle raccomandazioni e indirizzare le persone verso sistemi di vaccinazione e screening.

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