Ribelli ed ecologisti in testa, i membri del Nuovo Fronte Popolare considerano la posizione francese nei confronti del primo ministro israeliano “vergognosa e scandalosa”. Associazioni e specialisti lo ritengono giuridicamente insostenibile.
Una affermazione che non passa. Mercoledì 27 novembre, il Ministero degli Affari Esteri, Jean-Noël Barrot, ha stimato in un comunicato stampa che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, colpito da un mandato d'arresto della Corte penale internazionale, ha beneficiato di un “immunità” e che non sarebbe stato arrestato in Francia se fosse venuto lì. Un annuncio che ha suscitato le ire della sinistra, in particolare di La France insoumise. In un messaggio su X, in risposta a un tweet dell'Agence France Presse che trasmetteva l'informazione, il deputato della LFI David Guiraud afferma: “Nel fango del genocidio”. Per il coordinatore del partito, Manuel Bompard, la posizione del Quai d'Orsay è “totalmente scandaloso”. “Posizione indegna di sostenere una persona perseguita per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, che abusa del diritto internazionale già indebolito nella regione”, aggiunge a X il deputato di Seine-Saint-Denis, accusando la Francia di “scartare[r] dei suoi obblighi dinanzi alla Corte penale internazionale”.
Tutti i partiti del Nuovo Fronte Popolare hanno denunciato il comunicato stampa del Ministero degli Affari Esteri, così descritto “vergognoso e scandaloso” della deputata ambientalista Sabrina Sebaihi. “Stiamo distruggendo la giustizia internazionale e il sistema multilaterale che abbiamo pazientemente costruito per decenni”critica a sua volta il segretario generale degli Ecologisti, Marine Tondelier, su X. Per la comunista Elsa Faucillon, questa posizione “calpestare il dovere internazionale”. Come il segretario generale del Partito socialista, Olivier Faure: “La Francia deve avere una sola bussola: quella del diritto internazionale. Non dovrebbero quindi esserci eccezioni per nessuno”.
“Quindi riceveremo sia Netanyahu che Putin”
Ma al di là dell'immunità che verrebbe attribuita al primo ministro israeliano, è la giustificazione del Quai d'Orsay che non passa: Israele non riconosce la Corte penale internazionale, Benjamin Netanyahu non potrebbe quindi essere arrestato dalla Francia mentre si trova lì. nonostante il mandato d'arresto. Per molti specialisti ciò non è vero. «[La diplomatie française] Ha letto male l’articolo 27 dello Statuto di Roma, che stabilisce chiaramente che non esiste immunità per i crimini più gravi che rientrano nella CPI?” si chiede Bénédicte Jeannerod, direttrice francese della ONG Human Rights Watch, a favore della posizione francese “profondamente scioccante”.
“Esiste un obbligo legale inequivocabile per qualsiasi Stato parte dello Statuto di Roma di eseguire i mandati di arresto della CPI”, dice Me Clémence Bectarte, specialista in diritto internazionale dei diritti umani. L’obbligo nei confronti della CPI sostituisce tutti gli altri obblighi o considerazioni”. Su questo insiste anche Amnesty International “gli obblighi fondamentali della Francia in quanto Stato parte della CPI”. L’incomprensione deriva anche dal fatto che la Francia non era su questa linea dopo il mandato d’arresto della CPI contro Vladimir Putin il 17 marzo 2023. “Se seguiamo la logica di quanto dice questo comunicato, cosa dovremmo capire? Che Putin non verrà arrestato se verrà all'UNESCO? chiede Marine Tondelier, deplorando a “Errore storico, molto molto grave”. “Sono perplesso. Riceveremo quindi sia Netanyahu che Putin. Il diplomatico se ne rallegra, il cittadino si chiede. scherza l'ex ambasciatore francese negli Stati Uniti Gérard Araud.
“La Francia ha ceduto alle richieste israeliane”
Il comunicato stampa del ministro Jean-Noël Barrot assume un'altra dimensione dopo le rivelazioni del quotidiano israeliano Haaretz. Secondo una fonte israeliana citata dal quotidiano dell'opposizione, il“immunità” di Netanyahu faceva parte dell’accordo nei negoziati sul cessate il fuoco tra lo Stato ebraico e Hezbollah. “La Francia ha ceduto alle richieste israeliane, non lo avremmo fatto con Putin”, si rammarica della ribelle eurodeputata Rima Hassan, contattata da Libe. L'eletto denuncia la mancanza di trasparenza su quali siano le vere cause del comunicato. “Questa è la porta aperta ad una valutazione soggettiva delle convenzioni internazionali, stiamo assistendo ad un fallimento totale. Sono deluso” aggiunge.
Soprattutto perché diverse dichiarazioni del campo presidenziale negli ultimi giorni sembravano essere in linea con il diritto internazionale. Michel Barnier ha affermato, martedì davanti all'Assemblea nazionale, che la Francia “applicherebbe rigorosamente gli obblighi che le competono” riguardo al mandato d'arresto della CPI. Analoghe considerazioni erano state fatte qualche ora prima, al microfono di Radio Sud, dalla presidente della Camera Yaël Braun-Pivet.
A destra e all’estrema destra le reazioni stanno diventando sempre più rare. Richiesto da Liberazione, il vicepresidente del gruppo Raggruppamento Nazionale dell'Assemblea Nazionale, Jean-Philippe Tanguy, non ha voluto rispondere. Anche Jordan Bardella e Marine Le Pen non hanno reagito. Stesso silenzio tra i Républicains, che non hanno comunicato sui social. Contattato da Rilasciato, Non hanno dato seguito neanche il portavoce del partito Vincent Jeanbrun e uno dei vicepresidenti, Fabien Di Filippo.
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