L'Eliseo ha scelto di non rilasciare alcun commento ufficiale. Nel frattempo, il Ministero degli Affari Esteri ha rilasciato una serie di dichiarazioni, la maggior parte delle quali contorte. È evidente che le autorità francesi non sono sicure su come reagire ai mandati di arresto emessi giovedì 21 novembre dalla Corte penale internazionale (CPI) nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del suo ex ministro della difesa Yoav Gallant.
I due uomini sono ricercati dalla Corte penale internazionale in relazione alla guerra intrapresa a Gaza contro Hamas all'indomani del massacro del 7 ottobre 2023. Sono accusati come co-perpetratori del “crimine di guerra della fame come metodo di guerra; e dei crimini contro l'umanità di omicidio, persecuzione e altri atti disumani”. Entrambi sono ora passibili di arresto se mettono piede sul territorio di uno dei 124 paesi, inclusa la Francia, firmatari dello Statuto di Roma, che ha istituito la CPI nel 1998.
Tuttavia, nessuno nel governo francese è in grado di garantire ufficialmente che la decisione della Corte penale internazionale verrà effettivamente applicata se il leader israeliano o il suo ex ministro, licenziato all'inizio di novembre, visiteranno la Francia. Dall'annuncio della CPI del 21 novembre, il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot cerca di chiarire la posizione francese, ma non senza prendere infinite precauzioni.
“La Francia è molto attaccata alla giustizia internazionale e molto attaccata al fatto che la Corte penale internazionale possa lavorare in completa indipendenza”, ha detto domenica il ministro degli Esteri alla televisione francese. “La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d'arresto che formalizza un'accusa mossa contro alcuni funzionari israeliani”, ha aggiunto. Ma alla domanda se Netanyahu sarebbe stato arrestato se avesse visitato la Francia, Barrot ha preferito eludere la domanda: “La Francia applicherà sempre il diritto internazionale”, ha risposto, senza approfondire. Il 21 novembre, il portavoce del ministero degli Esteri Christophe Lemoine, rispondendo a una domanda sullo stesso argomento, si era limitato a dire che si trattava di una “questione giuridicamente complessa”.
Mantenere i contatti con Netanyahu
Questa prudenza contrasta nettamente con la posizione assunta dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri Josep Borrell, il quale ha prontamente affermato che i mandati di arresto vanno “rispettati e applicati”. Tra i firmatari dello Statuto di Roma, alcuni hanno accolto con favore l'iniziativa della Corte penale internazionale, come l'Irlanda, il cui primo ministro, Simon Harris, l'ha definita un “passo estremamente significativo”. Altri, come Belgio, Norvegia e Paesi Bassi, hanno annunciato senza indugio che si sarebbero conformati alle decisioni della CPI. Niente del genere a Parigi, dove il meglio che si può dire in privato è che si rimetterebbero alla giustizia francese se Netanyahu e Gallant dovessero entrare nel paese.
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