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Biglietto. Rischiamo di avere la testa altrove per tre mesi

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Sono i tempi che lo vogliono. Le parole scappano dal dizionario e finiscono per perdersi per strada. Dimentichiamo il suo significato e diciamo: “È straordinario” per tutto, per niente. Nel nostro mondo un po' troppo formattato, calibrato, programmato, il più piccolo imprevisto diventa quindi un'avventura: la ricerca di un parcheggio o la cassa veloce al supermercato.

Perché sul nostro pianeta non c'è più molto da vedere, da fare, che non sia già stato visto o fatto. Nel profondo della Papua Nuova Guinea – e l'aneddoto è vero – arrivando nel remoto villaggio di una tribù, pensavamo di mettere piede su terra sconosciuta, quando un Papua ci raccontò che lo spettacolo Ushuaïa era già venuto a filmare tutto.

In attesa del folle progetto di raggiungere la Luna o di vivere un giorno su Marte, gli avventurieri, qui sulla Terra, si contano sulle dita di una mano, alpinisti o marinai. L'Himalaya o Capo Horn, Védrines o Le Cam. Forse è per questo che il Vendée Globe ci affascina così tanto. 40 al via ma migliaia vogliono issare le vele per girare, con loro, il giro del mondo.

Molti sognano, infatti, di accendere il lampeggiante, uscire dalla tangenziale per andare a giocare con l'oceano, sfidare le onde e il vento. Le barche partivano domenica, lasciando in sospeso la nostra vita sulla banchina. Perché il Vendée Globe è l'ultima grande avventura che possiamo vivere indirettamente, una volta ogni quattro anni. Quindi se nei prossimi tre mesi, al tavolo, in ufficio o al semaforo rosso, non rispondiamo subito, non dovete biasimarci. È solo che le nostre menti saranno altrove. Su una barca, in mezzo all'oceano.

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