Ma parte della tendenza è probabilmente anche collegata allo stato d’animo del momento e alle promesse (e ai timori) della futura amministrazione presidenziale, con la sua ampollosa riverenza di celluloide per i tempi passati in cui l’America – e Hollywood – governavano il mondo e gli uomini. indossavano cravatte e le donne indossavano reggiseni a punta e (sì) guanti. Ebbene, sta accadendo politicamente. Perché non sartorialmente? Inoltre, quando non sei sicuro di cosa accadrà, è più sicuro ritirarsi nelle certezze del passato, soprattutto quando sei immerso nella luce soffusa della macchina dei sogni.
Il problema è che, sebbene queste donne e questi uomini sembrassero tutti molto glamour, con molti di loro che facevano liste assortite dei migliori vestiti, non sembravano moderni. Non sembrava nemmeno che si stessero divertendo molto con la moda. Niente in questi stili sfidava le norme di abbigliamento consolidate o ne creava di nuove.
Forse il tappeto rosso non è il posto adatto. Forse è questo il compito della passerella. Ma considerato il rapporto sempre più interdipendente tra moda e cinema (incarnato questa volta da Saint Laurent, che non solo ha prodotto “Emilia Pérez”, ma ha anche vestito le star Zoe Saldaña e Karla Sofía Gascón), sembra sempre più una falsa dicotomia . Parte del lavoro del tappeto rosso è tradurre le parti interessanti della passerella in una vita semi-reale.
A parte alcuni sperimentali anomali: Ayo Edebiri, che sembrava felice di ritrovarsi in un tailleur pantalone Loewe con cravatta extra lunga con piume dorate; Ali Wong in Balenciaga rosso sfrangiato con i capelli sciolti e i suoi caratteristici occhiali con montatura scura; Jeremy Strong in un abito Loro Piana verde giada con cappello da pescatore abbinato e occhiali che lo facevano sembrare un magnate folletto: non è successo.
