Il 5 dicembre 2018, la regista Jeanne Herry è arrivata nelle sale con il suo secondo lungometraggio, Pupilla. Un film apprezzato da pubblico e critica, incentrato su un tema raramente trattato nel cinema, quello dell'adozione, quando un bambino viene affidato ai servizi competenti subito dopo la nascita. Sandrine Kiberlain, Gilles Lellouche, Elodie Bouchez, Miou-Miou, Jean-François Stévenin, Bruno Podalydès, Leïla Muse e persino Stéfi Celma e Émilie Gavois-Kahn, hanno risposto all'appello. Attori che hanno avuto a che fare con i neofiti del settore…
Pupilla : Il viaggio di un bambino adottato
Pupilla ci porta in un viaggio unico, quello di un bambino dato in adozione, Théo. Lo seguiamo dal giorno della sua nascita sotto X, fino a quando diversi servizi, quelli dell'assistenza sociale e dell'adozione, iniziano la loro marcia in avanti. Sua madre avrà due mesi per riconsiderare o meno la sua scelta. Molte persone dovranno fare i conti con esso in questo periodo, sia breve che lungo, ma soprattutto incerto. C'è chi porta in grembo il bambino e altri che devono trovare qualcuno capace di adottarlo. Sarà Alice, 41 anni, più pronta che mai ad accogliere Théo e i suoi tre mesi. E per una buona ragione, da 10 anni lotta per avere un figlio.
Pupilla : bambini veri e finti davanti alla telecamera
Concentrandosi su una realtà che raramente viene evidenziata attraverso la finzione, Jeanne Herry e il suo team hanno lavorato duramente. Per il suo film, la regista si è affidata a bambini veri, come neonati di plastica. Per le scene meno restrittive è stato organizzato un grande casting per portare sul set i bambini meno impressionati. Per le sequenze più difficili non si è corso alcun rischio, Jeanne Herry ha voluto rispettare il più possibile il benessere dei puttini. È qui che sono entrati in scena i bambini di plastica, per evitare situazioni traumatiche, come ha confidato la regista nella cartella stampa del suo lungometraggio: “Dato che si tratta di un film che descrive la ricettività dei bambini al linguaggio verbale, non si trattava di correre rischi, di metterli in (…) scene in cui avrebbero sentito parlare”tua madre non ti voleva, ecc.”