Lilli Gruber, una che sulla coerenza dà sempre grandi soddisfazioni, lunedì mattina durante la sua oretta quotidiana di ginnastica a Villa Borghese, a due passi da via Veneto, la Ztl della redazione de La7, è stata rapinata del borsello e del cellulare. Un’altra sfortunata vittima dell’arricchimento culturale.
Cose che succedono anche a sinistra, ogni tanto.
In realtà non sappiamo se a derubarla sia stato un fascista, che ormai sono dappertutto, o un turista svedese o un immigrato clandestino. Così, a caso, senza alcun pregiudizio, saremmo propensi per l’ultima ipotesi. Ma non vogliamo solleticare pericolosi istinti razzisti.
Sta di fatto che alla sera, tornata nel suo Elysium personale, il salotto di Otto e mezzo, la Gruber dando prova di un sospetto riposizionamento strategico dopo avere bastonato come al solito la destra-destra, con nonchalance è passata a una destra-lieve: «È evidente – ha detto – che le porte aperte a tutti non ce le possiamo più permettere».
Se le avessero rubato anche il portafogli Gucci e il portachiavi Cartier, si iscriveva a Casapound.
Sia chiaro. Non siamo contenti che sia successo quello che è successo; ma siamo contenti che abbia detto quello che ha detto.
Come passare, nel tempo di uno
scippo, dalla violenza percepita a quella reale, dalle «paure irrazionali» alle motovedette della GdF. L’azzerata credibilità della sinistra.
E comunque, per fortuna non è successo alla Boldrini. Che se no mi diventava leghista.
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