“Mi sono tuffato a capofitto nel Gange”

“Mi sono tuffato a capofitto nel Gange”
“Mi sono tuffato a capofitto nel Gange”
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LA STORIA DI – Protagonista di “Finalmente” di Claude Lelouch, l'attrice Elsa Zylberstein ricorda per Paris Match il suo primo viaggio in India, per le riprese di “Un plus Une”.

È stato scritto… come in un film di Claude Lelouch. Un uomo, una donna, un regista, un'attrice e soprattutto incontri che danno forma a una vita. Elsa Zylberstein ha le stelle negli occhi quando ci racconta il suo primo ricordo con il regista. “Ho diciotto anni, ho appena iniziato il corso Florent e Claude Lelouch verrà a tenere una masterclass. Lo trovo fantastico, da apprendista attrice sogno di girare con lui. Mio padre, che è un fisico, è andato al liceo con Roland Topor e la sua banda… compreso Claude Lelouch. Gli scriviamo una lettera e organizziamo un incontro”, spiega. Ma fa un errore. “Il giorno prima del grande giorno, vado con la mia migliore amica in montagna, per abbronzarmi, per fare bella figura. Ma non sono affatto abbronzato, sono scarlatto. La mia testa è rosso peonia. Ma Claude Lelouch era adorabile. Mi disse: “Mademoiselle, ci vogliono dieci anni per diventare attrice”. Una frase come un Mantra.

Uno scenario nato su un aereo

Elsa Zylberstein lavora con Maurice Pialat (“Van Gogh”), vince un César per “Ti ho amato da tanto tempo” di Philippe Claudel ma non va in tournée sotto la direzione di Claude Lelouch. Fino all’incontro con Jean Dujardin, in aereo, nel 2014. “Abbiamo preso lo stesso volo per caso, ma siccome non credo al caso, sembra l’inizio di un film di Claude Lelouch (ride). Ci sediamo uno accanto all'altro. Passiamo sei ore a parlare, a ridere, a proclamare il nostro amore per il suo cinema. E io gli ho detto: 'ragazzo, appena atterriamo lo chiameremo e gli diremo che faremo un film insieme'. E tre settimane dopo, nell'ufficio di Claude, abbiamo scritto l'inizio della storia. »

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Ancora commossa dall'incontro con Mata

Questo film è “Un plus Une”, uno dei film più belli di Claude Lelouch, girato in India. “È stato uno degli scatti più belli della mia vita. La sceneggiatura è stata scritta per me e Jean. Una storia d'amore in India, un paese che non conoscevo. È stato eccezionale in verità, libertà, passione. » Ed Elsa Zylberstein ricorda due scene specifiche per Paris Match. Il primo è ovviamente l'immersione nel Gange, fiume sacro ma estremamente inquinato. “Prima di girare la scena, Jean mi ha consigliato di indossare uno scafandro. Quindi ne chiedo uno al costumista. Sul set sembravo un bibendum. Claude ovviamente mi chiede di toglierlo e siccome sono un buon soldato, mi lavo nell'acqua fredda. Ho trovato l’acqua purissima, mi sono tuffato prima a testa.”

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Anche il suo incontro con la guida spirituale Mata Amritanandamayi l'ha scioccata. “È stato straordinario. Quando mi ha preso tra le braccia per la prima volta (Mata Amritanandamayi pratica l’”abbraccio” per curare l’anima, ndr), ho sentito qualcosa di pazzesco, sono crollato”. Elsa Zylberstein evoca poi la scena che vediamo nel film, girata dal vivo. “Eravamo in coda con gli indiani, avevamo dimenticato le telecamere, che ci riprendevano. Ero sia il mio personaggio che me stessa”, ci racconta, ancora commossa da questo incontro.

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