Le reazioni sono state ancora poche, nella prima mattinata di mercoledì 6 novembre, quando era assicurata la vittoria di Donald Trump su Kamala Harris, al termine delle elezioni presidenziali americane. Auspicato da alcuni, temuto da altri, il ritorno del repubblicano alla Casa Bianca rischia di avere un impatto decisivo nei due conflitti che dilaniano la comunità internazionale: la guerra di invasione dell'Ucraina da parte della Russia, e il rischio di incendio in il Medio Oriente, dopo più di un anno di scontri tra Israele e Hamas a Gaza. Mentre Cina e Russia si chiedono quale sarà la politica del presidente repubblicano, gli alleati degli Stati Uniti non nascondono le loro preoccupazioni, con la notevole eccezione dei leader ungherese e israeliano.
In Israele Netanyahu applaude
Se c’è un leader che aspettava con impazienza di potersi congratulare con Donald Trump per la sua rielezione, quello era il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Certamente il loro rapporto, durante il primo mandato dell'ex presidente, si era deteriorato nel tempo. Donald Trump non ha apprezzato il fatto che il primo ministro israeliano si sia subito congratulato con il suo avversario, Joe Biden, durante la sua sconfitta nel 2020. Questa volta, il primo ministro israeliano si è affrettato a congratularsi con se stesso “il più grande ritorno della storia”prima ancora che si conoscessero i risultati completi delle elezioni, mentre il suo nuovissimo ministro della Difesa, Israel Katz, nominato la sera prima, era entusiasta della prospettiva che il suo “vittoria storica” costituisce un'opportunità per “sconfiggere l’asse del male guidato dall’Iran”.
Ancor prima della questione dell’Iran e del suo programma nucleare, va affrontata con urgenza la questione di Gaza, anch’essa centrale. Sembra che Donald Trump abbia chiesto a Benjamin Netanyahu, durante il suo viaggio negli Stati Uniti lo scorso luglio, di adottare una posizione apparentemente molto semplice sull’argomento. Il candidato repubblicano vuole che la guerra nell’enclave finisca “prima che torni al lavoro”a gennaio, secondo i media israeliani. Il testo non costituisce un programma, ma delinea, implicitamente, una forma di assegno in bianco indirizzato al primo ministro israeliano.
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Pubblicamente ha invitato anche Israele a farlo “porre fine al problema” nel territorio palestinese, ma soprattutto ha accusato Joe Biden e l’amministrazione democratica di tentarci ” conservare “ Netanyahu, suggerendo che Israele avrebbe più libertà di portare avanti la sua guerra contro Hamas se tornasse al potere. Tuttavia, ha invitato Israele a farlo “smettila di uccidere la gente” a Gaza, per ragioni di reputazione internazionale. Quando gli è stato chiesto, durante il primo dibattito presidenziale, a giugno contro Joe Biden, se avrebbe sostenuto la creazione di uno Stato palestinese, ha risposto: «Devo vedere. »
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