Negli Stati Uniti la stampa, come l’opinione pubblica, è divisa, polarizzata, come si suol dire. Il New York Times, quotidiano di riferimento nella città del magnate immobiliare, porta avanti una crociata contro Donald Trump sin dal suo primo mandato. Il che non risparmia la venerabile istituzione che chiede il voto di Kamala Harris. D’altro canto il Washington Post, acquistato dalla famiglia Graham da Jeff Bezos, capo di Amazon, ha rifiutato, per la prima volta, di prendere posizione. Il rifiuto di esprimersi a favore della candidata democratica le sarebbe valso 200mila disiscrizioni. Una cifra colossale che dimostra che i lettori di questa bibbia della capitale federale non scherzano con le tradizioni di un giornale che fece cadere Richard Nixon durante il Watergate.
Nel settore audiovisivo, l’odio di Trump riguarda soprattutto la CNN, la rete creata da Ted Turner. Fox News, fondata da Roger Ailes, sotto la guida di Rupert Murdoch, lo ha invece sostenuto fin dall'inizio. L'unico intoppo durante la vittoria di Joe Biden è stato che il canale, prontamente accusato di diffondere notizie false, ha subito riconosciuto la vittoria dell'attuale presidente, cosa che i sostenitori di Trump hanno impiegato tempo a perdonare.
Se la vicepresidente Kamala Harris ha fatto il gioco dei media tradizionali con interviste ritenute noiose, Donald Trump, d’altro canto, le ha ampiamente scavalcate dopo il suo unico dibattito fallito. Già vicino a Elon Musk, titolare del seguito. Obiettivo di questo cowboy senza legge: sedurre questa fascia d'età cosiddetta virilista e anti-sveglia. Per non parlare delle sue acrobazie mediatiche come servire hamburger o accompagnare un cassonetto. Tra buffonate e disinformazione, lo spettacolo deve continuare.