E’ un segnale forte, un tuono politico che ha attraversato l’emiciclo di Strasburgo. Giovedì il Parlamento europeo ha adottato a stragrande maggioranza una risoluzione che denuncia i gravi attacchi ai diritti umani e alle libertà fondamentali in Algeria.
Privato del contatto con i suoi cari, interrogato senza avvocato,
Boualem Sansal colpevole di aver criticato il regime algerino,
la sua deriva autocratica e il suo compiacimento nei confronti dell’ideologia islamista
Più che un semplice testo, questa decisione costituisce un atto d’accusa dettagliato, una messa in mora rivolta al regime politico-militare algerino. Segna una svolta nelle relazioni tra l’Unione Europea e Algeri, dove la situazione dei diritti umani desta crescente preoccupazione. Alla luce: il caso emblematico di Boualem Sansal ma anche un quadro più oscuro e più ampio di repressione politica e sociale.
533 voti favorevoli, 24 contrari e 48 astenuti. Queste cifre riflettono l’urgenza della situazione e riflettono l’entità del consenso all’interno di un parlamento spesso fratturato da differenze ideologiche. Conservatori, liberali, ambientalisti e socialisti hanno unito le loro forze per portare un messaggio forte: l’Algeria non può continuare a voltare le spalle ai diritti fondamentali senza subirne le conseguenze.
Il testo, depositato da cinque degli otto gruppi parlamentari, chiede l’immediata liberazione dello scrittore ottantenne Boualem Sansal, ridotto al silenzio, rinchiuso in cella per aver commesso quello che, in un regime autoritario, costituisce un crimine supremo: pensare liberamente e dirlo forte e chiaro. Privato del contatto con i suoi cari, intervistato senza avvocato, lo scrittore è diventato il simbolo delle derive autoritarie di un potere che reprime ogni voce dissidente, sia essa portata avanti da intellettuali, giornalisti o comuni cittadini. “Ha torto? Avendo criticato nei suoi lavori e nelle sue posizioni il regime algerino, la sua deriva autocratica e il suo compiacimento nei confronti dell’ideologia islamista”, riassume Jordan Bardella, presidente del Raduno nazionale. “È impensabile che, oggigiorno, uno scrittore venga incarcerato per aver espresso un’opinione”, ha insistito dal canto suo Christophe Gomart, deputato repubblicano.
Ma non è stato solo il destino di uno scrittore ad attirare l’attenzione degli eurodeputati. La risoluzione stila un quadro schiacciante di violazioni sistematiche dei diritti umani in Algeria: arresti arbitrari, crescenti pressioni sui giornalisti e riforme legislative che imbavagliano addirittura la libertà di espressione. Il giornalista Abdelwakil Blamm, lo scrittore Mohamed Tadjadit e centinaia di altri prigionieri d’opinione condividono un destino simile a quello di Boualem Sansal.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani, non meno di 215 prigionieri d’opinione sono dietro le sbarre per aver osato sfidare il discorso ufficiale. Dietro queste cifre, vite spezzate e un segnale inquietante: il regime sembra deciso a soffocare ogni controversia.
Questa repressione non si esercita solo nelle carceri. Lei si infiltra in ogni angolo della società algerina, portata avanti da leggi liberticide, come gli articoli 87 bis, 95 bis e 196 bis del codice penale rivisto nel 2024. Questi emendamenti, denunciati dai deputati europei e considerati confusi e arbitrari, permettono incriminare qualsiasi espressione ritenuta ostile al regime, in violazione degli standard internazionali. Un semplice post sui social oggi può portare all’arresto. In termini di libertà di stampa, il Paese è crollato al 139ᵉ posto nel mondo, mentre i giornalisti subiscono pressioni insopportabili, arrivando fino ad accuse bizzarre di collusione con potenze straniere.
Di fronte agli eccessi di Algeri, l’Unione Europea alza i toni. I deputati chiedono alle autorità algerine di rivedere le leggi repressive e di garantire l’indipendenza della magistratura, una condizione sine qua non per ripristinare una parvenza di credibilità democratica.
Ma al di là delle convinzioni, il Parlamento europeo offre misure concrete per fare pressione sul regime algerino. La risoluzione stabilisce chiaramente che qualsiasi rinnovo degli accordi di partenariato UE-Algeria – che hanno consentito all’Algeria di ricevere 213 milioni di euro tra il 2021 e il 2024 – sarà condizionato a progressi tangibili in termini di diritti umani. È un’arma di peso, che pone il regime algerino di fronte a una scelta: riformarsi o rischiare l’isolamento internazionale. “È impensabile lasciare che questo regime intimidisca ulteriormente i cittadini algerini ed europei”, ha affermato Christophe Gomart. Al suo fianco, altri funzionari eletti hanno sottolineato l’urgenza di un’azione concertata per proteggere i difensori dei diritti umani, spesso abbandonati a se stessi di fronte a un’implacabile macchina repressiva.
Tuttavia, questa risoluzione quasi unanime ha rivelato fratture all’interno della sinistra radicale francese. La delegazione della Francia ribelle (LFI) si è distinta per i suoi dissensi: alcuni hanno votato contro, altri si sono astenuti. Un posizionamento che non ha mancato di suscitare virulente critiche. Jordan Bardella non usa mezzi termini: “La cosa è chiara: nella difesa di uno scrittore e della sua libertà di espressione, l’estrema sinistra preferisce l’arbitrarietà di un regime autoritario e gli interessi comunitari dei suoi clienti elettorali”.
“Rifiutando di sostenere un cittadino francese detenuto arbitrariamente nelle carceri del potere algerino, gli amici di Jean-Luc Mélenchon continuano su questa linea scandalosa che consiste nell’approvare sistematicamente gli attacchi contro la Francia”, ha scritto il presidente degli Hauts-From-France, Saverio Bertrand.
Al di là delle polemiche europee, è in gioco il futuro dell’Algeria. Questo Paese, ricco di potenzialità, è oggi al bivio. Continuerà a sprofondare in una spirale autoritaria o troverà la forza per riconnettersi con le aspirazioni democratiche espresse durante le manifestazioni popolari del 2019? Infatti, i ricordi dell’Hirak che aveva incarnato la speranza di un rinnovamento democratico, sono ancora vivi nei ricordi. Ma questa speranza ha incontrato una repressione implacabile, lasciando il posto ad un profondo disincanto.
La lotta di Boualem Sansal illustra perfettamente questa lotta per l’anima dell’Algeria. Riducendolo al silenzio, il regime non fa altro che rafforzare la portata del suo messaggio: un appello alla libertà, alla giustizia e alla dignità umana. In ogni caso, le parole di Sansal, anche dietro le sbarre, portano oltre i muri che lo racchiudono.
Adottando questa risoluzione, il Parlamento europeo manda quindi un messaggio chiaro: la repressione non sarà tollerata e l’Unione europea è pronta a sostenere chi lotta per la libertà. Ma le parole ora devono trasformarsi in azioni concrete, sia diplomatiche che economiche. I difensori dei diritti umani, in Algeria e altrove, si aspettano che l’Europa incarni davvero i valori che proclama.
Il momento è serio e ogni decisione conterà per plasmare il futuro di un popolo che aspira alla dignità e alla giustizia.
Mehdi Ouassat