C’È una strana ironia della sorte parlare di “ritorno a casa” in un territorio dove le case non sono altro che cumuli di rovine. A Gaza, in questo secondo giorno di tregua tra Hamas e Israele dopo quindici mesi di conflitto distruttivo, gli sfollati stanno tornando a casa. Ma per molti questa “casa” è diventata irriconoscibile. Perché Gaza oggi non è altro che un immenso campo di rovine.
La guerra ha distrutto le infrastrutture essenziali per la vita quotidiana. Le strade sono sepolte sotto cumuli di macerie, gli edifici sventrati dai bombardamenti e i luoghi un tempo simbolo della resilienza della comunità, tra cui scuole, ospedali e moschee, non sono altro che mucchi di polvere.
In questo territorio che ha subito un assedio totale da parte dell’esercito israeliano, la missione è titanica. C’è tutto da rifare. Oggi l’acqua potabile è quasi inesistente: le reti di approvvigionamento sono state distrutte e i serbatoi d’acqua sono contaminati o distrutti. Per i 2,4 milioni di abitanti ciò significa totale dipendenza dagli aiuti umanitari internazionali. Inoltre, secondo le Nazioni Unite, in un solo giorno sono stati trasportati a Gaza 630 veicoli carichi di aiuti. Tuttavia, ciò rimane insufficiente a soddisfare i bisogni della popolazione. La situazione sanitaria è altrettanto catastrofica.
Il sistema sanitario, già allo stremo, è completamente distrutto: l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha già avvertito che la sua ricostruzione sarà “un compito complesso e difficile”. Nelle poche strutture ancora funzionanti mancano medicinali, attrezzature e perfino operatori sanitari. Ecco perché le malattie si diffondono a un ritmo allarmante. La mancanza di elettricità complica ulteriormente la vita quotidiana. Senza energia i frigoriferi sono inutilizzabili, i dispositivi medici non funzionano e le notti sono gelide. E, soprattutto, mortale. Secondo la denuncia dell’Unrwa, dall’inizio di quest’anno sono morti 74 bambini a causa delle “dure condizioni invernali”.
A tutto ciò si aggiungono le prospettive economiche vicine allo zero per Gaza. Tra il blocco imposto da anni da Israele e questa guerra che ha distrutto tutto, il futuro appare molto oscuro per le giovani generazioni. Eppure, nonostante questo quadro molto cupo, gli abitanti di Gaza si aggrappano alla speranza. Con orgoglio e dignità.
Alcuni stanno ricostruendo rifugi di fortuna con le macerie delle loro case, mentre altri continuano a sfidare la dura realtà attuale cercando di sopravvivere con dignità. Il tutto mentre educano i propri figli. Anche sotto le tende. Ma quanto tempo riusciranno a resistere a una vita ridotta a sopravvivenza? Soprattutto, cosa accadrà agli abitanti di Gaza dopo questo cessate il fuoco di sei settimane?
Di D. William