Lascerà l’arena pieno di eleganza e grandezza come il primissimo “Tiger of Fass”, Mbaye Guèye? Oppure si ritirerà senza gloria, costretto e costretto dalle circostanze? L’arena si pone queste e altre domande, dal momento che un ritiro pieno di brio e folklore, come quello della seconda “Tigre di Fass”, Moustapha Guèye, non è più attuale.
Non a caso, il Gris Bordeaux ha miseramente registrato la sua dodicesima sconfitta l’altra domenica, contro Zarco. La “terza Tigre” mantenne troppo male il suo titolo e non rese giustizia ai suoi predecessori, i portabandiera del famoso quartiere di Dakar. Il primo della lista era stato elevato a questo rango, proprio su queste colonne, alla fine degli anni ’60, dal compianto giornalista Yamar Diop, affascinato tanto dalla tecnica quanto dal coraggio e dalla temerarietà del lottatore. Gravemente malmenato e danneggiato da Sa Ndiambour, Mbaye Guèye ha rifiutato di arrendersi ed è stato abbastanza resistente da vincere. “A Fass è nato un titolo”, ha scritto il preside.
La saga è stata lanciata. Con successi strepitosi da parte di questo lottatore, non di grandi dimensioni, ma duro da morire. Ma anche qualche battuta d’arresto tra cui il ko subito contro Mouhamed Aly nel gennaio 1985 per una rimonta fallita dopo aver compiuto il suo giubileo e nel frattempo conquistato un’altra vittoria. Un litigio di troppo! Ne era convinto lo stesso Mbaye Guèye. Tornato a casa, si era tolto il famoso “sabadoor” e aveva annunciato ai suoi seguaci che d’ora in poi l’abito sarebbe tornato a colui tra loro che se ne fosse ritenuto degno. Una sfida immensa che il fratello minore ha raccolto subito. Tapha Guèye divenne così la “2a Tigre di Fass”. Un grado che ha onorato perfettamente, unendo alla sua combattività e alla sua forza d’impatto la sua esperienza e la sua tecnica di lotta greco-romana. Il tutto condito dal suo slogan “Attacco, colpisco e vinco”.
I suoi clamorosi successi contro avversari di tutte le dimensioni hanno costruito la sua leggenda. Al punto che ha potuto permettersi un coloratissimo giubileo in due atti: prima a Dakar nell’agosto 2010 e poi a Parigi nell’ottobre dello stesso anno. È stato proprio durante il primo atto, allo stadio Demba Diop, nel cuore dei festeggiamenti a margine dello scontro del giorno Khadim Ndiaye – Bruce Lee, che lui stesso ha nominato Gris Bordeaux. A distanza di più di 14 anni, la “3rd Tiger of Fass” ha evidentemente molta difficoltà a giustificare questa scelta, allora molto contestata anche all’interno delle fila della celebre squadra di wrestling di Dakar. Nessuna vittoria dal 2015 e dal suo successo su Tyson! Fass ha ragione a essere preoccupato, l’arena senegalese nel suo insieme ha ragione a porsi delle domande. Perché questa squadra ha contribuito moltissimo a dare credenziali a questo “sport locale” e può essere considerato addirittura patrimonio nazionale.
Quindi, ovviamente, il dibattito è affascinante e appassionato. E torna in auge la celebre formula dello scrittore e drammaturgo nigeriano Wole Soyinka, premio Nobel per la letteratura nel 1986, che al culmine della polemica con LS Senghor, paladino della Négritude, aveva risposto “Una tigre non proclama il proprio”. moda. tigritudine”. Salta.” E morde gli avversari, aggiungiamo noi. Nell’attuale tristezza, Fass farebbe meglio a non… scegliere una quarta tigre e lasciare il titolo vacante, mentre tutti coloro che sognano di ereditare il pesante carico si rafforzano e si mettono alla prova. Poiché designarne uno potrebbe avere sul prescelto gli stessi effetti inibitori che su Gray, poiché è vero che il famoso “sabadoor” non piace a tutti. Voler quindi “mettere da parte il titolo di Tiger of Fass e puntare a quello di Re delle arene”, come suggeriva uno dei membri della stable, nella migliore delle ipotesi potrebbe non essere altro che semplice vanteria.