L’AFRICA DEL PUTSCH VISTA DA ACHILLE MBEMBE

L’AFRICA DEL PUTSCH VISTA DA ACHILLE MBEMBE
L’AFRICA DEL PUTSCH VISTA DA ACHILLE MBEMBE
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(SenePlus) – In un articolo pubblicato da Le Monde questo sabato 11 gennaio 2025, il filosofo e storico Achille Mbembé fa un’osservazione allarmante sulla situazione politica nell’Africa occidentale, dove sta prendendo forma un nuovo modello statale ostile alle libertà fondamentali.

Secondo l’intellettuale camerunese, due visioni si scontrano oggi sul continente africano. Da un lato, un progetto di “democrazia sostanziale” portato avanti da una nuova generazione di attivisti, che lega strettamente decolonizzazione e democratizzazione. Dall’altro, una corrente sovranista che, sotto la maschera dell’antimperialismo, “considera la democrazia liberale come una trappola, il cavallo di Troia del dominio occidentale”, scrive Mbembé.

È soprattutto nell’Africa occidentale che questo secondo modello sta prendendo piede, con la nascita degli “stati-caserma” in Mali, Burkina Faso, Guinea e Niger. “L’esercito vuole essere lo Stato”, analizza il filosofo, il quale sottolinea che “lungi dal cercare di addomesticare la violenza e civilizzare i costumi politici, il governo è assimilato al comando e la politica a una guerra latente”.

La Guinea come laboratorio di repressione

Il direttore generale della Foundation for Innovation for Democracy con sede in Sudafrica, punta in particolare il dito contro la situazione in Guinea sotto il regime di Mamadi Doumbouya, salito al potere con un colpo di stato il 5 settembre 2021. Il Paese ha diventare, a suo avviso, il “terreno più fertile” per la deriva liberticida. “La macchina repressiva ora funziona a pieno regime”, dice, descrivendo in dettaglio un sistema in cui gli oppositori vengono arrestati di notte e detenuti sull’isola di Kassa, “dove, come regola generale, vengono maltrattati fisicamente e sottoposti a trattamenti degradanti”.

L’autore rivela cifre agghiaccianti: “Tra i 60.000 e i 75.000 guineani sono stati uccisi dai regimi che si sono succeduti” dopo l’indipendenza, secondo le organizzazioni internazionali per i diritti umani da lui citate. Solo sotto il regime di Lansana Conté, “più di 1,5 milioni di abitanti sono fuggiti dal Paese”.

Un ecosistema di predazione

Il filosofo descrive un sistema che va oltre la semplice repressione politica. I regimi militari dell’Africa occidentale hanno messo in atto quella che lui definisce una “matrice espansa di predazione”, dove “la guerra, l’economia della rapina, l’estrazione e la predazione” sono intrecciate. Sottolinea in particolare il crescente impiego di mercenari e l’affidamento della sicurezza a operatori privati.

In Guinea la situazione economica peggiora drammaticamente: “I prezzi al consumo registrano aumenti frequenti e quasi il 10% dei guineani non riesce più a mangiare a sufficienza”, avverte Mbembé. Nel frattempo, “la lotta per il controllo dei mezzi di predazione continua ad intensificarsi all’interno delle diverse fazioni dell’esercito”, in particolare nel settore minerario.

Per l’intellettuale, questa situazione rende la Guinea “una minaccia oggettiva alla pace, alla sicurezza e alla stabilità regionale”. Egli prevede un “intensificarsi delle tensioni sociali” e una “radicalizzazione dell’opposizione”, mentre la giunta si prepara a organizzare “elezioni farsa” per restare al potere.

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